La seconda opera della stagione lirica di Ancona presentata alle Muse: «Carmen, ovvero canto, incanto e incantesimo»

La seconda opera della stagione lirica di Ancona presentata alle Muse: «Carmen, ovvero canto, incanto e incantesimo»
ANCONA - “La Tragédie de Carmen” è il titolo, raro e sfidante, che Vincenzo De Vivo, direttore artistico della stagione lirica del teatro delle Muse...

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ANCONA - “La Tragédie de Carmen” è il titolo, raro e sfidante, che Vincenzo De Vivo, direttore artistico della stagione lirica del teatro delle Muse di Ancona, ha scelto come seconda opera in programma, in scena il 13 e il 15 ottobre. «Questa nuova produzione, totalmente Made in Muse, rappresenta – osserva De Vivo - il quarto atto della vicenda compositiva attorno a Carmen, iniziata nel 1845 con la novella di Mérimée, continuata con l’opera di Bizet che cento anni dopo, nel 1981 diede spunto al compositore Marius Constant, al drammaturgo Jean–Claude Carrière e al regista Peter Brook per una rappresentazione diversa». 

 

La partitura


Una versione in cui l’intreccio e la partitura vengono destrutturate e ricomposte. «E Francesca Lattuada, regista e coreografa, ha interpretato – conclude De Vivo - l’intento degli autori, con la complicità di Lucio Diana, per scene e luci, e di Bruno Fatalot, che ha disegnato i costumi». 
«Un’altra dimensione, un tuffo nelle sensazioni, che ci derivano da una percezione extrasensoriale, come in una fiaba, o in un mito arcaico». Lattuada, ieri, ha lasciato il lavoro in palcoscenico, per raggiungere, al Ridotto delle Muse, la direttrice d’orchestra Natalia Salinas e i cantanti alla presentazione alla stampa dello spettacolo. Ha suggerito con poche immaginifiche parole l’interpretazione della pièce. «Carmen, ovvero canto, incanto, incantesimo. Fedele al significato originario del nome dell’eroina di Bizet, l’ho intesa come una maga, una sacerdotessa mitologica, che affronta il rischio di perdersi, per mescolarsi all’umanità civilizzata».


Lo spazio intimo


Una scena vuota, che toglie alla vicenda il realismo del fatto di cronaca nera, e la proietta in uno spazio intimo, senza tempo. «Un vuoto pieno di desiderio - ha continuato la Lattuada - in cui la passione brucia, ma in un globo di ghiaccio, di cristallo». A Lucio Diana il compito di dare immagine all’ossimoro, con fondali mobili traslucidi, su un pavimento dipinto di rosso. «Anche la musica, decisamente conturbante, ci strappa alle nostre certezze, e ci proietta in un ambiente estremo, audace». Un’ulteriore conferma arriva dalla direttrice Salinas, alla testa di un ensemble di 15 elementi dell’Orchestra Sinfonica Rossini. «La versione di Constant ha eliminato tutti gli stereotipi folcloristici dell’opera di Bizet, riorganizzando la partitura in una versione intensa e intima, dove gli archi prendono il posto di casse e fiati. Per fare qualche esempio, tutt’altro che pomposo è l’ingresso in scena di Escamillo, e Carmen canta “L’amour est un oiseau rebelle” col solo accompagnamento dei timpani».


Gli interpreti


Tutti giovani e talentuosi i quattro interpreti: Martiniana Antonie (Carmen), Diego Godoy (Don José), Gianluca Margheri (Escamillo), e Lucrezia Drei (Micaela). «Straordinaria la capacità – ha sottolineato De Vivo - di interpretare con la loro fisicità, oltre che con la voce, la tragedia di Carmen». E l’attore marchigiano Filippo Gonnella ricopre i tre ruoli, parlati, di Zuniga, Lillas Pastia e Garcia. Nude in scena, due contorsioniste, Lise Pauton ed Elodie Chan, rappresentano, nella versione di Lattuada, «un prolungamento dell’eroina Carmen, le sue ali, una sorta di coda di pavone». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico