Alessandro Haber da oggi a domenica alle Muse con il capolavoro di Italo Svevo: «Zeno, interpreto me stesso»

Alessandro Haber da oggi a domenica alle Muse con il capolavoro di Italo Svevo: «Zeno, interpreto me stesso»
A cento anni dalla pubblicazione di “La coscienza di Zeno”, capolavoro di Italo Svevo, il regista Paolo Valerio ne porta in scena la sua versione teatrale, con la...

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A cento anni dalla pubblicazione di “La coscienza di Zeno”, capolavoro di Italo Svevo, il regista Paolo Valerio ne porta in scena la sua versione teatrale, con la complicità, per l’adattamento, di Monica Codena. Lo spettacolo, che approda alle Muse di Ancona da stasera (ore 20,45) a domenica (ore 16,30), ruota attorno alla figura del protagonista, interpretato da uno strepitoso Alessandro Haber.

Quanto Zeno Cosini le assomiglia, Alessandro Haber?
«Parecchio. Per la prima volta, a teatro, mi pare di interpretare me stesso. Con tutte le contraddizioni, tra aperture ed entusiasmi, da una parte, rimorsi, angosce e menzogne, dall’altra, ma anche tanta generosità. È un uomo qualunque, uno che si incontra per strada, malato del male di vivere. Mente, sapendo di mentire; s’innamora, ma poi ha paura del rischio che corre. È la dimostrazione più efficace della frase che dice a un certo momento: “la vita non è né bella né brutta, è originale”. Un miscuglio di sentimenti, comuni a tutti, ma che in ognuno di noi hanno motivazioni ed esiti diversi». 
In cosa, invece, lo sente lontano da sé?
Ride. «Non ho mai fatto tre dichiarazioni d’amore, in mezz’ora, a tre donne diverse. E poi, lui non ha potuto raccontare la sua innocenza. A me pare invece di essere riuscito a correggere certe insicurezze pericolose. Mi ha salvato la passione per questo lavoro. Ho ancora, dopo tanti anni, lo stesso entusiasmo dell’inizio».
Comunque, ha dovuto fare i conti con se stesso, per interpretarlo?
«E mi è servito molto a capirmi. All’inizio mi chiedevo che colori dare a questo personaggio. Poi, ho capito che dovevo aderirvi totalmente, mettermi a nudo. Non ho saputo distaccarmi, com’è opportuno, per analizzarlo da fuori. Ho preferito assomigliargli».
Un’attrazione fatale?
«Che nasce dalla grande verosimiglianza di Zeno, anche se fa cose che io non farei mai. Ma mi piace stare dentro di lui: la vita è contraddizione, con tutte le sue stonature, e lui la incarna. Credo che sia questo il segreto del romanzo di Svevo».
Qual è il momento per lei più emozionante?
«Il monologo finale, in cui prevede lo scoppio di una bomba. Mette i brividi. E poi il dialogo con la moglie Augusta, in cui riflette sulla morte».
Due operazioni e un lunga riabilitazione l’hanno tenuta lontana dalle scene. E ora, questa tournée, iniziata a ottobre, la terrà impegnata fino al 17 dicembre. È stata dura tornare in teatro?
«Sì, però in scena mi appoggio a un bastone, e cammino poco. Ma non mi lamento. Come si dice: c’è chi sta peggio di me, non solo per la salute, ma anche, nel mondo, per guerre e atrocità. I miei non sono problemi davvero seri. Tanto, che da gennaio ritorno in tournée, assieme a Giuliana De Sio, con “La signora del martedì”, dal romanzo di Massimo Carlotto, per la regia di Pierpaolo Sepe. Poi, due film, uno con Giovanni Veronesi, l’altro, “50 km all’ora”, con Fabio De Luigi».
E del regista Paolo Valerio che dice?
«Questo è uno dei suoi spettacoli più belli. Ha fatto un gran lavoro, con una compagnia molto affiatata. Ha tirato fuori l’anima del romanzo».
Come definirebbe questo spettacolo?

«Un film in bianco/nero, a cui ognuno può sovrapporre i colori della sua vita».
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Corriere Adriatico