"Sarto per signora" alle Muse di Ancona Emilio Solfrizzi è il dottor Moulineaux

"Sarto per signora" alle Muse di Ancona Emilio Solfrizzi è il dottor Moulineaux
ANCONA - "Sarto per signora" alle Muse di Ancona con Emilio Solfrizzi nei panni del dottor Moulineaux. Come un abile sarto, il regista Valerio Binasco cuce addosso a Emilio...

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ANCONA - "Sarto per signora" alle Muse di Ancona con Emilio Solfrizzi nei panni del dottor Moulineaux. Come un abile sarto, il regista Valerio Binasco cuce addosso a Emilio Solfrizzi l'abito del dottor Moulineaux, protagonista della commedia di Feydeau "Sarto per signora", appunto. La pièce debutta alle Muse di Ancona stasera (5 marzo) alle 20,45 e va in scena fino a domenica (ore 16,30) per la stagione di prosa di Marche Teatro. Accanto a Solfrizzi, recitano Anita Bartolucci, Fabrizio Contri, Cristiano Dessì, Lisa Galantini, Simone Luglio, Fabrizia Sacchi, Giulia Weber.




Nella girandola delle infedeltà reciproche di questa commedia, Solfrizzi è il mattatore?

Ma no! Questa commedia è un gioco di squadra, si avvale di una compagnia strepitosa, diciamo che è un'orchestra bene accordata da un grande direttore come Binasco.



Che conosciamo in lavori più grevi.

Già, ma la sua regia fa di questo testo meraviglioso, ingiustamente sottovalutato, un capolavoro. Valerio ha dimostrato grande intelligenza e intuizione nel restituire alla commedia il furore di quei vent'anni che aveva Feydeau quando l'ha scritto: un'idea semplicissima e geniale. A vent'anni puoi permettetti il lusso di essere caustico e feroce nella critica come solo i giovani sanno esserlo. E noi attori dobbiamo lasciarci andare, liberarci di tutto per agire quel furore.



Senza identificarvici?

C'è naturalmente una grande empatia per i personaggi scritti da Feydeau, immersi in situazioni pesantissime, moralmente torbide e poco credibili, costretti a dire una valanga di bugie, cui solo l'essere vacui e leggeri permette di andare avanti coprendo le magagne di tutti: donne o uomini, non si salva nessuno, neanche il pubblico.



Il pubblico?

Se ne accorgerà venendo alle Muse. Dal palcoscenico ci accorgiamo ogni sera che lo spettatore entra dentro la pièce, attratto anche dagli "a-parte" di noi attori, che li coinvolgono. Scorre tra le poltrone un chiacchiericcio che non è distrazione, ma commento serrato a ogni nuova situazione e che culmina nell'applauso liberatorio finale.



Liberatorio?

Sì, perché questa è una commedia che definirei catartica. Quando Moulineaux si giustifica col pubblico di quel che ha fatto e lo rende suo complice, muove un'empatia che va al di là della sua moralità... e sì che Feydeau parlava di quella stessa gente che era a teatro a vedere la commedia, allora come oggi.



E nessuno si sente offeso...

Questi personaggi sono così alieni da ogni senso di colpa, il suo punto di vista è non feroce, ma liberatorio, le situazioni sono così pesanti che la superficialità dei personaggi permette loro, e al pubblico, di ridere di sé stessi. E poi Feydeau ha lasciato indicazioni dettagliatissime di ogni particolare, tono della voce e distanza tra i mobili compresi: è impressionante. Non devi forzare, ma lasciarti andare, assecondarlo. E se lo costringi su binari diversi, te lo fai nemico e la magia non scatta.



È simpatico il suo personaggio?

All'interprete è necessario che stia simpatico, poi l'attore deve comunque avere umanità, che gli serve per agire la simpatia. Se ne hai, ogni battuta passa attraverso di essa.



Incontreremo l'umanità di Emilio Solfrizzi, con tutta la compagnia, al Musecaffè sabato 7 marzo alle 18,30.

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Corriere Adriatico