Violenze sulle donne cresciute del 25% dopo il lockdown: sono italiane 7 vittime su 10

Aumentano i maltrattamenti ai danni delle donne
PESARO - La Giornata internazionale della violenza contro le donne è anche un’occasione per fare il punto sull’importante lavoro di rete sviluppato in questi...

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PESARO - La Giornata internazionale della violenza contro le donne è anche un’occasione per fare il punto sull’importante lavoro di rete sviluppato in questi anni nel nostro territorio che ha portato alla creazione del centro antiviolenza Parla con noi (nato nel 2008) e della Casa emergenza (nata nel 2014 che accoglie donne da tutta la regione), che coinvolge istituzioni, associazioni, forze dell’ordine e Asur.

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Gli accessi nel 2020
Sono state 118 le donne che si sono rivolte al centro nel 2020: 41 da Pesaro, 17 da Fano e le altre dagli altri comuni. Nel 47% sono donne tra i 41 e i 55 anni, mentre un 32% è composto da donne tra i 26 e i 40 anni. Contrariamente a quanto si possa pensare, il 71% sono donne italiane e il 29% straniere, oltre al fatto che tra queste c’è un 37% di donne disoccupate o in cerca di lavoro, precario o nero, dato che influisce non poco nei casi di violenza. Considerando la situazione Covid, è interessante però, la comparazione tra gennaio-novembre 2020 e lo stesso periodo del 2021: appare chiaro, infatti, l’aumento esponenziale delle donne pervenute al Centro antiviolenza subito dopo il termine delle restrizioni.

Aumentano le denunce
«Comparando questi due periodi, - spiega Gabriela Guerra, coordinatrice del centro - si rileva che l’anno scorso abbiamo avuto 97 accessi, mentre quest’anno sono già 122: aumento del 25,7%. Le donne che seguivamo l’anno scorso erano 48, mentre attualmente sono 65. Da maggio 2021 è esploso questo incremento, ma questi dati vanno sempre letti considerando l’incremento un dato “positivo”, nel senso che sempre più donne cercano di uscire dalle situazioni di violenza». Il lavoro di rete dall’anno scorso si è po triplicato con l’apertura degli sportelli di Cagli e Urbino a maggio: «Sappiamo bene della difficoltà dei piccoli centri e non è un caso che lì le donne siano cominciate ad arrivare a settembre, ma anche questo è un ottimo risultato». Ma c’è anche un altro dato in crescita, quello delle denunce: nel 51% dei casi, infatti le donne hanno denunciato il maltrattante.

Non sono mai estranei
«Un altro dato rilevato è che il maltrattamento non è ad opera di estranei: non abbiamo avuto nemmeno un caso di questo tipo, sono tutti legati a legami famigliari (marito, figlio, altro parente o amico) o lavorativi. Ed è per questo che è stato molto importante lo sviluppo del progetto Armadio, finanziato da Intesa San Paolo, che ha ottenuto ottimi riscontri e necessita di essere proseguito, che accoglie uomini maltrattanti (non per attenuare o giustificare, ma per fare in modo che venga riconosciuto il problema) e minori che subiscono violenza assistita, che vivono uno stato emotivo intenso di paura e vulnerabilità». 

Ancora poca consapevolezza
«Molte donne che si rivolgono a noi, hanno paura di rubare tempo ad altre, solo perché non sono mai state al pronto soccorso - prosegue Guerra -: c’è molta confusione tra conflitto e violenza nei servizi e nella cultura. In realtà la violenza fisica è l’esito ultimo che parte spesso da quella psicologica. Ad oggi esiste il questionario di autovalutazione del rischio (Isa), scaricabile da Internet, che consente di avere una valutazione obiettiva se ci sono segnali di rischio di violenza nella relazione che la donna sta attraversando».

Straniere senza appoggi


Per la casa di emergenza, al 31 dicembre 2020 erano state accolte 59 donne e 57 minori, mentre da gennaio ad oggi sono giunte 61 donne e 71 minori. «La maggior parte arriva su segnalazione delle forze dell’ordine e, in questo caso, sono maggiormente donne straniere, anche perché sicuramente hanno più difficoltà a trovare il sostegno di amici o parenti in Italia», spiega la responsabile Stella Grassetti. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico