Urbino, sponsor fasulli e pagamenti in nero: società di volley alla sbarra

Urbino, sponsor fasulli e pagamenti in nero: società di volley alla sbarra
URBINO - Quattro anni dopo l’avvio dell’operazione “Watussi” (con cui le Fiamme Gialle scoprirono un sistema fraudolento tra società sportive e...

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URBINO - Quattro anni dopo l’avvio dell’operazione “Watussi” (con cui le Fiamme Gialle scoprirono un sistema fraudolento tra società sportive e sponsor), continua il processo nei confronti di Giancarlo Sacchi, Enrica Sacchi e Carlo Carciani accusati di associazione a delinquere durante la gestione della squadra di pallavolo femminile “Robur Tiboni Urbino Volley” dal 2008 al 2012. Dalla Coppa Cev al Tribunale di Urbino passando, nel 2015, al termine della stagione in A2, alla punizione, da parte della Federazione Italiana Pallavolo, con 5 punti di penalizzazione e una multa di 7.000 euro. Secondo l’accusa la società si avvaleva di sponsorizzazioni fasulle, e rimborsate, pagando in nero.

  
Le difficoltà economiche del proprietario della società, Giancarlo Sacchi, da allora ne decretarono, con la vendita del titolo sportivo, la scomparsa dal panorama del volley che conta dopo aver fatto sognare Urbino e un intero movimento che dalla spinta della serie A vide nascere una miriade di squadre femminili dilettantistiche. Le accuse a Giancarlo Sacchi, alla figlia Enrica, ottima giocatrice, e Carlo Carciani, vanno «dalla dichiarazione fraudolenta, al falso, per finire all’emissione di fatture per operazioni inesistenti».
Secondo la relazione del teste Alberto Savelli, maresciallo della Guardia di Finanza di Urbino – come riporta il Ducato - tutto era finalizzato a rimborsare le ditte che sponsorizzavano la squadra e a pagare compensi in nero. La scoperta del sistema - come ha spiegato in aula la Gdf - è avvenuta dopo aver seguito la movimentazione bancaria e aver analizzato i rendiconti della società, caratterizzati da una grossa sproporzione tra le buone entrate e le scarse uscite. Non era un caso: i soldi infatti venivano spostati in una “cassa comune” da cui uscivano in contanti per pagamenti e rimborsi.

A questo si aggiungevano fatture - secondo la ricostruzione - né registrate né conservate, per dichiarazioni inesistenti e una serie di contabili prontamente fatti sparire. Decisiva, in questo caso, è stata la scoperta nell’abitazione del segretario della società, del registro con tutte le uscite fino al 2011. Il prossimo appuntamento con il processo è previsto per il 17 luglio alle 12: controesame delle difese degli imputati e sentenza.
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Corriere Adriatico