PESARO - Chiesto l’ergastolo per Zakaria Safri, il 38enne accusato dell’omicidio di Sabrina Malipiero, la donna uccisa a coltellate lo scorso 13 luglio in via Pantano...
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L’accusa ha ribadito alla Corte alcune «evidenze scientifiche. A partire dal dna di Safri trovato sotto le unghie di Sabrina. Ma anche sui coltelli con cui l’ha uccisa. Perché Safri si è ferito durante la colluttazione e ha lasciato il suo sangue, anche su una coperta. Queste sono prove oggettive, inconfutabili, formidabili». Poi l’impronta palmare sul muro. «E’ di Safri e sopra presenta altre due gocce di sangue, non spalmate. Significa che sono arrivate mentre la colluttazione era ancora in corso. Altra prova importante. La difesa dice che hanno fatto a tempo a seccarsi perché era caldo? Impossibile, sarebbero passati pochi minuti dall’azione del killer all’arrivo di Safri. Inoltre Zak aveva la mano gonfia, e ferite da graffi sul corpo oltre che nelle mani, tutti segni della colluttazione». Viene tirato in ballo anche il debito che aveva nei confronti di Sabrina, sempre per questioni di cocaina. Un accenno anche alla confessione, poi ritrattata dall’imputato. «Ha detto di aver perso la testa e di essere diventato una furia, ecco il dolo d’impeto». E ancora la questione delle immagini di videosorveglianza di una macelleria che vedono Safri arrivare in via Pantano alle 15,12. Sabrina manderà l’ultimo messaggio alle 15,27 poi dalle 16,12 il suo telefono suonerà a vuoto. E proprio in quel vocale, un tecnico ha riscontrato la presenza di una voce maschile in sottofondo. «Tutti elementi solari che tornano con l’azione omicidiaria» hanno contestato i pm. Un passaggio anche sulle presunte pressioni rispetto alla confessione. «Quando lo ha fatto c’era anche il suo avvocato, la polizia gli ha chiesto semplicemente di dire la verità, nessuna forzatura». Poi l’arringa difensiva dell’avvocato Francesca Biagioli, codifensore assieme a Gianluca Sanchini. Hanno ribattuto sul dna, dicendo che Safri frequentava Sabrina e lei lo accarezzava spesso sui capelli. E contestato gli orari della videosorveglianza. Hanno anche parlato di una rappresentazione soggettiva da parte dei pm dei fatti. Il 22 maggio l’ultima udienza. Toccherà all’avvocato Sanchini presentare la sua arringa prima che la Corte presieduta da Giuseppe Fanuli si ritiri in camera di consiglio per la sentenza di primo grado dopo questo dibattimento durato poche settimane. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico