OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
PESARO - Aggrediti, picchiati e derubati perché per il branco lo smalto nero sulle unghie di un ragazzo non era accettabile. Ieri davanti al gup le due vittime si sono costituite parte civile nel processo che troverà il suo epilogo con la sentenza del 29 novembre. L’assalto nei pressi della Rocca malatestiana di Fano i primi di maggio.
Secondo quanto ricostruito, i due giovani amici Simone Pasquino e Luigi Lupini, sono stati avvicinati da alcuni ragazzi che li hanno presi in giro prima per il ciuffo bianco, poi per lo smalto nero sulle unghie di Luigi.
Poi un italiano di origine nordafricana già ospite di una comunità educativa e un marocchino: i due sono ai domiciliari ma all’epoca erano stati condotti in carcere. C’erano anche quattro minorenni, ritenuti responsabili di rapina aggravata e continuata, il cui giudizio seguirà un’altra strada. Il pm non ha però ritenuto che possa essere contestata l’aggravante della discriminazione sessuale perché la banda era dedita alle rapine, cosa avvenuta poco prima nei confronti di due ragazzi bloccati in auto a cui hanno strappato il bracciale. Ieri l’ammissione delle parti civili. L’avvocatessa Marilù Pizza per conto di Lupini ha chiesto un risarcimento di 5 mila euro. L’avvocatessa Cristiana Cicerchia e Stefano Zaffini hanno chiesto 40 mila euro per Pasquino e il padre quando questi esercitava la responsabilità genitoriale nella fase in cui il ragazzo era ancora 17enne.
La famiglia di Simone ha scritto un messaggio sui social: «Noi non abbiamo paura. Noi vi guardiamo in faccia senza alcun timore. Inizia il processo contro parte del branco che l’8 maggio ha barbaramente e selvaggiamente picchiato nostro figlio Simone. La sua inaccettabile colpa, agli occhi del vile gruppo, è stata l’aver difeso il suo amico Luigi da un’aggressione ignobile e criminale: l’aver impedito che dessero fuoco alle dita con lo smalto nero di Luigi è stato un affronto che il branco ha voluto far pagare a Simone con un brutale pestaggio.
La violenza ed insistenza dei loro colpi sulle parti vitali del corpo è stata tale che il nostro Simone si era rassegnato a morire. Immaginate cosa possa significare per la nostra famiglia la consapevolezza di essere stati così vicini al perdere il proprio figlio neanche diciottenne per la violenza di un gruppo di criminali. In quei momenti la telefonata al 112 di cittadini perbene (a cui andrà la nostra eterna gratitudine) ha interrotto le inaudite violenze e di fatto ha salvato la vita a Simone. Nei giorni successivi la vicinanza della gente è stata la medicina migliore per curare le ferite dell’anima e per aiutarci a costruire una solida corazza».
Leggi l'articolo completo suCorriere Adriatico