Pesaro, quadro di Leonardo o falso? Parte il processo a "Bibi" Cecchini

Il quadro conteso
PESARO - Via al processo Leonardo. Prima udienza oggi per Emidia Cecchini detta Bibi rinviata a giudizio per il caso che riguarda il quadro di Isabella D’Este attribuito a...

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PESARO - Via al processo Leonardo. Prima udienza oggi per Emidia Cecchini detta Bibi rinviata a giudizio per il caso che riguarda il quadro di Isabella D’Este attribuito a Leonardo Da Vinci.

Si dovrà difendere dalle accuse che le contestano le tre pm titolari dell’inchiesta: Maria Letizia Fucci, Monica Garulli e Valeria Cigliola. Si parla di associazione a delinquere finalizzata all’illecita esportazione di opere d’arte. Bibi sarebbe stata una pedina per un traffico illegale di quadri ed è accusata di avere fatto uscire senza autorizzazione dall’Italia il dipinto di Leonardo. Il quadro, sequestrato dalla Guardia di Finanza il 10 febbraio 2015 nel caveau di una banca Svizzera, è ancora oltralpe. Le autorità svizzere non hanno mai risposto alle diverse richieste della Procura di Pesaro di consegna dell’opera almeno per la celebrazione del processo. Nel caveau ci sarebbero due lavori: il presunto originale e la copia. Ma chi potrà stabilire l’autenticità? Il professor Carlo Pedretti, autore di numerosi studi su Leonardo, compare nella lista dei testi sia per l’accusa che per la difesa. Un parere importante perché può far cambiare il valore dell’opera in maniera esponenziale. Proprio Pedretti giudicava il quadro autentico. Mentre è ampia la schiera di studiosi che parlano di falso. Chi difende Bibi è Giovanni Bora assieme al collega Achille Castignani. «Vogliamo vederci chiaro anche noi in questa storia – sottolinea Bora – prima di tutto capire da quale Paese non poteva uscire. E’ sempre stato in Svizzera e ha violato qualche norma elvetica quando è rientrato in Italia per qualche Expertise? Oppure è uscito davvero dall’Italia illegalmente? Vogliamo ripercorrere l’iter logico delle indagini e per questo solleveremo qualche eccezione perché nel fascicolo ci sono atti che non sono visibili. Degli omissis che possono fornire un quadro più chiaro del contesto. Vogliamo poter vedere le stesse cose a cui hanno accesso i pubblici ministeri». Quanto all’autenticità Bora fa alcune precisazioni: «Parlando di un quadro d’epoca sarebbe comunque soggetto a vincoli, ma è evidente che cambierebbe tutto il valore dell’operazione». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico