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PESARO - Un mese di telefonate con minacce per riavere dei soldi, imprenditore condannato come mandante della presunta tentata estorsione. Con lui anche altri tre soggetti ritenuti gli esecutori. Tutto è iniziato a gennaio del 2019 quando un imprenditore di un’azienda fallita avrebbe ricevuto una serie di minacce.
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Dall’altra parte del telefono si sarebbero alternate tre persone, un napoletano residente a Gabicce, uno residente a Cattolica e un pugliese residente nel riminese. Il tono delle conversazioni era più o meno questo: «Sono sempre la stessa persona, quello che ti viene a prendere e rompere il cu…, non bloccare il telefono».
Frasi circostanziate come «Vado a mangiare nel ristorante della tua famiglia».
«Il mio assistito aveva spiegato che conosceva uno dei tre co-indagati. E che una mattina al bar si era sbottonato raccontando di dover avere dei soldi dall’imprenditore che nel frattempo era fallito. Non ne sapeva nulla delle telefonate e delle minacce, tanto che in una intercettazione rimane interdetto rispetto alle parole del napoletano coinvolto. La procura non ha creduto all’impostazione e si è andati avanti». Due dei presunti esecutori materiali hanno patteggiato a 2 anni e 6 mesi. Ieri davanti al Gup la discussione con rito abbreviato per l’imprenditore pesarese. È stato condannato a 1 anno e 8 mesi con pena sospesa mentre l’altro imputato a 1 anno e 6 mesi. In più 7500 euro di danni.
«Aspetteremo di leggere le motivazioni della sentenza in 30 giorni – spiega l’avvocato Sposito – poi faremo appello. Il mio assistito non sapeva nulla delle minacce né è il mandante. Tra l’altro il 60enne si è accodato al fallimento dell’altro imprenditore come creditore per riavere la sua somma, tutto fatto secondo i canoni di legge». L’imprenditore che avrebbe subito la presunta estorsione si è costituito parte civile con il legale Paolo Gasperoni
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