Pesaro, il caso di Anna: «Avevo la malattia di Lyme da 10 anni, ma nessuno mi ha ascoltata»

Pesaro, il caso di Anna: «Avevo la malattia di Lyme da 10 anni, ma nessuno mi ha ascoltata»
PESARO - Tutto è cominciato con una bolla rossa sopra il ginocchio, dolorosa e via via bluastra. Poi un’alopecia e due bolle che poco dopo hanno formato due piccole...

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PESARO - Tutto è cominciato con una bolla rossa sopra il ginocchio, dolorosa e via via bluastra. Poi un’alopecia e due bolle che poco dopo hanno formato due piccole ulcere. Dolori alla testa di crescente intensità, bolle erpetiche con pus e forti pruriti nella parte bassa della schiena. Infine, la diagnosi di una importante fibromialgia. È questo il calvario che da dieci anni a questa parte sta affliggendo una signora pesarese, che chiameremo semplicemente Anna per tutelarne la privacy, con innumerevoli diagnosi e altrettanti spostamenti invano alla ricerca di una cura, e una lettera-diario personale che monitora tutto il decorso della malattia. 


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Solo a distanza di anni si è scoperto che cosa ha minato la salute della donna pesarese: è la malattia di Lyme, definita come la patologia invisibile, provocata da un morso di una zecca. Una forte infezione alla fine curata bene, ma troppo tardi, che ha sconvolto di fatto il suo sistema immunitario.
I sintomi precoci di questa malattia comprendono rush cutaneo eritematoso migrante, che può essere seguito dopo settimane o mesi da alterazioni neurologiche, cardiache o articolari. Nel mondo questa malattia è diventata famosa per aver colpito la top model Bella Hadid, la presentatrice Victoria Cabello e l’ex calciatore Karel Poborsky. Per Anna il filo conduttore di questa triste vicenda è stato «il mancato tatto» di alcuni dei medici che hanno trattato il suo caso. «Ho scritto questa lettera perché vorrei che nessuno più soffrisse per diagnosi sbagliate - recita un breve stralcio della lettera firmata da Anna -. I medici spesso non ascoltano sufficientemente il paziente, si limitano a prescrivere una serie di esami clinici, spesso inutili, e in base a questi formano la diagnosi». E di medici la signora ne ha visti e conosciuti parecchi. Come le volte che le hanno prescritto la terapia del dolore dal 2009 ad oggi. «Alcuni dottori non comprendono le condizioni in cui si trova il paziente» sottolinea la sfortunata protagonista. «Se la malattia non è confermata da esami di laboratorio che non sempre evidenziano i dati di positività, non ti prendono nemmeno in considerazione». 

«Nel mio caso è stata malasanità»

Segnata dall’esperienza personale la visione della condizione della sanità nazionale agli occhi della signora pesarese: «La malasanità la si può vivere in un qualunque momento anche tra quattro mura domestiche, se non si hanno medici preparati o disposti a tenere conto solo dei protocolli». Un messaggio - il suo - che esorta alla sensibilizzazione ad una di quelle malattie, come quella di Lyme, non sempre confermate da esami di laboratorio. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico