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PESARO - Dottor Danilo De Santi, cosa lascia in eredità della sua lunga esperienza come medico sempre in prima linea?
«Oggi (ndr, ieri per chi legge) è stato il mio ultimo giorno da medico di famiglia e lascio, al raggiungimento del 70esimo anno, come da norma nazionale che regola la medicina generale, ma non senza dispiacere».
Perché?
«Perché se ce ne fosse stata l’opportunità, avrei continuato volentieri a visitare pazienti vecchi e nuovi ancora per qualche anno, ma queste sono le regole. Una cosa è certa i miei pazienti e altri che arriveranno possono stare tranquilli, perché lascio tutto nelle buone mani, di medici giovani ma preparati, che hanno visto e affrontato nelle case dei pesaresi l’emergenza Covid e l’ultima ondata di un anno fa, quando la campagna vaccinale proseguiva fra no vax e Green pass».
Chi ci sarà, d’ora in poi, nello studio di via Branca?
«Nello studio di via Branca ci saranno tre medici di età compresa fra i 35-40 anni come la dottoressa Cadegiani, con cui da tempo collaboravo personalmente, Gregorio Bucci anche coordinatore delle unità speciali Usca nelle tre ondate, e la dottoressa Sara Pascucci».
Da medico e da uomo, quali sono le esperienze che più si porta dentro di questi anni?
«I due anni del Covid hanno segnato uno spartiacque nel modo di pensare, fare il medico e dedicarsi alla medicina anche per quanti come me avevano alle spalle tanti anni di esperienza.
Anche lei si è contagiato.
«Mi sono contagiato a marzo 2020, quando le Usca iniziavano a girare per le famiglie, e ricordo che dal letto rispondevo a tantissime chiamate di chi si curava da casa o chi da giorni e settimane aspettava la visita dei medici Usca, di un tampone o perché dovevano essere ricoverati».
Ha partecipato all’ultima riunione.
«Ieri è stata l’ultima riunione da coordinatore dell’équipe medica. Devo dire che con la direttrice del Distretto sanitario Elisabetta Esposto, siamo stati i primi a vaccinare nelle Rsa o case di riposo, ad iniziare da via Spada e Casa Padre Damiani. Per mesi poi sono proseguiti i vaccini a domicilio ad anziani e fragili. Una fase, fra pandemia ancora in corso e campagna vaccinale, non facile da gestire».
E ora cosa resta da fare, e quali i nodi aperti per la medicina territoriale?
«Probabilmente continuerò a esercitare da privato in poliambulatorio con la mia specializzazione di medico gastroenterologo. Mi auguro che la politica regionale metta mano al problema e al riordino della rete di assistenza, ad iniziare dalle Guardie mediche ancora sguarnite, e destini più medici usciti dalle scuole di specializzazione, ai Comuni dell’entroterra, dove i pensionamenti al momento non vengono sostituiti».
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Corriere Adriatico