PESARO - Una storia intricata che ha anche delle implicazioni sentimentali. E che ha visto alla sbarra una donna ucraina di 42 anni finita in carcere permaltrattamenti, sequestro...
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Ma la donna li ha riportati in casa e li avrebbe chiusi in camera. In un altro momento di disattenzione, la chiamata al figlio. Una volta arrivati, lei non li voleva far entrare e sarebbero volati posacenere e altri oggetti durante il litigio. «Questa è casa mia» avrebbe gridato. Poi l’intervento dei militari e l’arresto. Ieri l’udienza in tribunale a Pesaro. Tra i testimoni, l’anziano vittima dell’accaduto e i figli. Ma anche i carabinieri intervenuti che hanno descritto la coppia di anziani come “terrorizzati”. Nelle pieghe dell’udienza è emerso che la badante aveva intrattenuto una relazione con l’anziano che le avrebbe consentito di vivere in quella casa isolata in via Malpighi. Lei si era presa cura della moglie dell’anziano, malata, anche quando era stata portata proprio nella casa, due settimane prima dell’arresto.
Il pm: «Situazione esplosiva»
Una situazione definita “esplosiva” dal pm. La donna ucraina ha detto che voleva essere regolarizzata con stipendio e contratto altrimenti l’anziana doveva andarsene da quella che secondo l’ucraina ormai era diventata la sua casa. Da qui il litigio di fine marzo. La donna, difesa dall’avvocato Maria Elena Cortiglioni, ha detto di non aver sequestrato nessuno e che in sostanza la coppia poteva andarsene quando voleva. Dichiarazioni contrastanti rispetto a quelle degli altri testimoni che hanno raccontato una realtà completamente opposta. Compreso il fatto che la 42enne si sarebbe seduta sul cofano della macchina dell’anziano per non farli andare via. Il pubblico ministero ha chiesto una condanna a 1 anno e 4 mesi con divieto di avvicinamento alla vittima. L’avvocatessa Cortiglioni ha sottolineato la situazione poco chiara di quanto accaduto.
Niente maltrattamenti
Non sarebbero emerse prove sufficienti e che «le condotte eccessive sono riconducibili allo stato di ebbrezza e ad una situazione personale precaria». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico