PESARO - Si andrà avanti a colpi di opposizioni, oblazioni e ricorsi alla Cassazione nella vicenda caso vaccini che ha diviso anche i giudici. Tutto era scoppiato...
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Ci furono vari episodi di espulsione e persino di interventi di forze dell’ordine. Partirono le querele e furono aperti oltre 100 fascicoli in procura a Pesaro. Tutti per la contravvenzione di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, l’articolo 650. Alcuni furono archiviati, altri hanno fatto il loro corso. Sui casi che sono arrivati a sentenza, i verdetti sono opposti. Il giudice Giacomo Gasparini ha prosciolto 30 genitori, mentre il collega Francesco Messina ne ha condannati una ventina. L’avvocatessa Isabella Giampaoli segue i genitori protagonisti, sia quelli prosciolti che quelli condannati.
«Dunque, c’è stata una duplice interpretazione. Gli unici condannati fanno parte del Comune di Pesaro e afferiscono alle scuole di infanzia comunale. L’idea è che il dirigente del servizio educativo è un pubblico ufficiale a tutti gli effetti, dunque l’espulsione rientra nell’articolo 650, ovvero l’inosservanza dei provvedimenti. Mentre le querele presentate da presidi o dirigenti possono essere cadute perché loro non risultano come pubblici ufficiali. E anche per i genitori i cui figli non frequentano scuole comunali ma statali. Ma aspettiamo di vedere gli atti, perché ai miei assistiti non è stato notificato ancora nulla. Ora potremo seguire due strade: per chi vorrà andare avanti con il processo faremo opposizione. Oppure nell’altro caso pagando un’ammenda di circa un centinaio di euro si estingue il reato: si tratta dell’oblazione. Ci sono famiglie stanche di tutto questo che vogliono chiudere tutto al più presto, altre che potrebbero proseguire».
Del resto la situazione non è chiara come rileva Giampaoli: «Sono stati usati due pesi e due misure. In altre procure d’Italia i casi sono stati archiviati, così come a Urbino. A livello giuridico c’è una falla nell’interpretazione della legge perché il provvedimento di espulsione non esiste come reato e la legge 119 viene mal interpretata. Parliamo di una contravvenzione. Del resto anche la Procura sembra voler arrivare fino in Cassazione per avere una uniformità di giudizio». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico