Rimini, cori e insulti per Butungu Rito abbreviato il 10 novembre

Guerlin Butungu
RIMINI  - Dentro un processo alle battute iniziali dove la battaglia legale si concentra a livello procedurale, fuori i cori sanguigni, le urla e le proteste degli attivisti:...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
RIMINI  - Dentro un processo alle battute iniziali dove la battaglia legale si concentra a livello procedurale, fuori i cori sanguigni, le urla e le proteste degli attivisti: «Belva», «Boia assassino», «Massimo della pena». Reazioni innescate dalla presenza in aula di Guerlin Butungu ieri mattina a palazzo di giustizia. Animi infervorati ed esacerbati per un clima ancora teso a 50 giorni di distanza dagli orribili fatti di agosto. 


Per lui, accusato degli stupri di Rimini ci potrebbe essere la sentenza già il 10 novembre. Butungu sarà processato con rito abbreviato per tutti e dieci i capi di imputazione a lui contestati. Un’udienza molto tecnica quella di ieri mattina in tribunale a Rimini. Il 20enne congolese è accusato degli stupri e della rapina della turista polacca e della transessuale peruviana del 25 agosto in concorso coi tre minorenni, due fratelli marocchini residenti a Vallefoglia e uno nigeriano residente a Pesaro. Gli viene contestata anche la rapina nei confronti di una giovane coppia tra l’11 e il 12 agosto, lui di Varese lei di origini etiopi, violenza sessuale aggravata sulla giovane etiope; rapina nei confronti di due giovani di Bologna e Prato la sera del 26 agosto e spaccio nei confronti dei tre minorenni. Fuori striscioni e sit-in già annunciati. Davanti al tribunale collegiale presieduto dal giudice Silvia Corinaldesi, il pm Stefano Celli ha depositato una memoria per ribadire la legittimità del rito direttissimo. Non c’era flagranza di reato, ma per l’articolo 449 del codice di procedura penale, comma 5, il pm può attivare il giudizio direttissimo quando l’imputato ha reso confessione nell’interrogatorio. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico