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PESARO Tra mare e monti, la provincia con i due capoluoghi vanta un’offerta agroalimentare rara e preziosa. Patria dell’agricoltura biologica, terre di tartufo fresco tutto l’anno, del latte nobilitato in casciotta di Urbino Dop e formaggio di Fossa e di vallate che incanalano quel vento che porta gli umori del mare fino in alta quota e veste di sapori il Prosciutto Principe, quello di Carpegna, e una ricca corte di salumi. Peculiarità e pluralità che sono tutti in quel terroir che danno nome e cognome ai vini, firmano l’orzo e le birre agricole, cereali e paste da cui nascono grandi storie di tradizioni, d’uomini e d’innovazioni che aiutano a leggere in chiave enogastronomica i tanti paesaggi che Pesaro 2024, Capitale italiana della Cultura intende abbracciare e raccontare.
Ai fornelli
Nelle cucine dei ristoranti della Provincia Bella vige di fatto un gran bel daffare. Gli chef vogliono dare il loro contributo che, spesso, nasce dall’effervescente dialogo che hanno con il loro comprensorio e si trasforma in un racconto nel piatto che, codificato, forse darà vita ad alcuni piatti iconici del futuro. In linea con quel processo a lungo termine che cerca d’innescare Pesaro 2024. Emblematica è “la giornata al mare” dello chef una stella Michelin Stefano Ciotti del Nostrano di Pesaro. «Voglio far rivivere le emozioni – spiega - del cucciolone che da bambini mangiavamo sotto l’ombrellone ed evocare la bella accoglienza così caratteristica della nostra Riviera».
Il vessillo
A Cagli, lo chef Gabriele Giacomucci de “La Gioconda”, miglior ristorante di tartufo d’Acqualagna al gaming show Sky di Alessandro Borghese, fa del suo antipasto un vessillo della cultura contadina proponendo un tagliere di salumi autentici. «Voglio mettere sul tavolo – commenta - l’arte della norcineria del Monte Nerone e del Montefeltro. Un patrimonio di tecnica e di sapori che è nostro compito trasmettere alle future generazioni. Io uso solo il Suino della Marca, maiale che si distingue per il suo mantello rosso con una cinta bianca allevato allo stato brado e si nutre di prodotti coltivati sul posto che integra con prodotti del sottobosco». La Ginestra al Furlo punta ovviamente sul tartufo, Re di questi territori, ma dalla collaborazione tra lo chef Michele Renga e la proprietaria Marina Giacomel nasce una proposta autentica e minimal chic.
La storia
«Presentiamo sulla pietra bianca del Furlo - entra nel dettaglio lo chef - una focaccia ad alta idratazione, ricotta Dop del Montefeltro, cotta e affumicata, con pesto di noci e il prosciutto di casa stagionato 16 mesi. Tavole che richiamano lo scavo a mano nel 76 d.C. dell’antica galleria e quel ritratto nella roccia ad altezza d’uomo scolpito nella parete di Pietralata. Una mise en place che ci consente di parlare di cibi locali e dell’arte degli scalpellini». Il ristorante organizza anche visite guidate dai suoi migliori fornitori. Lato Fossombrone, l’associazione dei Ristoratori in stretta collaborazione con la Pro Loco sta lavorando su un piatto che celebrerà il Trionfo del Carnevale e voci autorevoli parlano già che ci sarà un evento di alto profilo enogastronomico.
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Corriere Adriatico