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PESARO - «Gigi appariva scorbutico, ritroso, ma aveva un’umanità eccezionale. E in campo era qualcosa fuori dal mondo, quando calciava di sinistro spaccava i cartelloni dello stadio dietro le porte». E non è un modo di dire. Sono pochi i giocatori che possono appuntarsi sul petto, con orgoglio, il fatto di essere stati la riserva di qualcuno. Uno di questi è il pesarese Gabriele Ceccolini che, nel Cagliari di Scopigno, era riserva speciale di Gigi Riva, Rombo di Tuono alla Brera, Giggirrivacannoniere con sardo affollamento di consonanti, il campionissimo nato a Leggiuno, in continente, e diventato poi isolano per sempre, scomparso ieri all’età di 79 anni.
«Modesto e gigantesco»
«La sua morte è per me un dolore fortissimo - racconta Ceccolini, oggi 77 anni -.
Da Mazzone (giocatore) a Scopigno
Ceccolini arrivò al Cagliari nella stagione 1968-69, quella pre-scudetto, conclusa con il secondo posto in campionato (dietro la Fiorentina) e Coppa Italia, e protagonista in Mitropa Cup. Dalla Vis Pesaro ai vertici della Serie A, un salto triplo per lui che era cresciuto nel vivaio biancorosso sotto la guida di Tombesi e Gasperotto, e aveva mostrato a tutti il suo talento in una domenica pomeriggio contro l’Ascoli di Carletto Mazzone giocatore: una doppietta al Del Duca, che convinse Scopigno a puntare su di lui come attaccante di scorta dietro la coppia Riva-Boninsegna. Mica male come sogno che diventa realtà.
«Tanta panchina ma emozioni uniche»
«Ho fatto tanta panchina - ricorda ridendo - ma ho imparato tanto (Ceccolini giocherà poi tre anni nell’Udinese e chiuderà la carriera nella sua Vis Pesaro di cui diventò poi anche allenatore, ndr). Riva però era inimitabile. Aveva una potenza fisica eccezionale. Non lo fermava nessuno. Mi ricordo un suo gol a San Siro impressionate: partì da centrocampo e arrivato al limite fece partire una delle sue bombe». Quelle che gli valsero il soprannome di Gianni Brera: Rombo di Tuono. «Io ero l’ultima ruota del carro - ricorda con modestia Ceccolini - ma ero parte di quel gruppo zeppo di campioni. Ricorderò sempre un episodio: un giorno Riva andò a trovare De Andrè a Tempo Pausania. Tornò con l’auto piena di dischi ma non aveva lo stereo. Comprò il mio dandomi 30mila lire, una cifra alta per l’epoca, per ascoltarli. Io non potei far altro che cederglielo».
Corriere Adriatico