Focolaio a Cardiologia, contagiato anche il primario insieme a 7 pazienti. Stefanelli: «Il caso uno prima del ricovero era negativo»

Focolaio a Cardiologia, contagiato anche il primario insieme a 7 pazienti. Stefanelli: «Il caso uno prima del ricovero era negativo»
FANO - Pazienti e medici sono sulla stessa barca, corrono gli stessi rischi, pur osservando tutte le disposizioni che si prefiggono lo scopo di impedire la diffusione del...

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FANO - Pazienti e medici sono sulla stessa barca, corrono gli stessi rischi, pur osservando tutte le disposizioni che si prefiggono lo scopo di impedire la diffusione del coronavirus. Lo dimostra il bilancio dei contagiati nel reparto di cardiologia. 

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Questo anche nel corso della seconda ondata di pandemia. Tuttavia questo risulta essere sempre in agguato, specialmente quando si nasconde e non viene rilevato dal tampone iniziale. Questo è possibile quando lo stesso virus è in fase di incubazione e quindi il paziente che ne è infettato non risulta ancora positivo. Una finestra che spiega quanto è accaduto nel reparto del Cardiologia di Fano, intorno al 10 novembre dove si è sviluppato un focolaio che ha coinvolto 7 pazienti. Tra questi lo stesso primario del reparto cardiologico, il dottor Guido Rocchi che ha dovuto essere ricoverato nell’ospedale di Pesaro, dato che il Santa Croce è una struttura Covid free; per fortuna oggi tutte le otto persone risultate positive al virus oggi stanno bene ma non solo a livello fisico visto e dai successivi esami sono risultati negativi e hanno vinto la loro battaglia contro il Covid. 
La finestra 
Nonostante tutte le precauzioni che si possono prendere, a partire dal Pronto Soccorso, quindi è una realtà che il virus entra anche nei reparti ospedalieri. E’ noto che quando i pazienti giungono in Pronto Soccorso, che costituisce la porta di accesso all’ospedale, le persone, prima di essere ricoverate nel reparto a cui sono destinate, in base alla loro patologia, vengono sottoposti a tampone. 
Il caso specifico
«Nel caso che vi sia qualche sospetto – ha precisato la dottoressa Luana Stefanelli della Direzione medica di Presidio – il paziente non accede direttamente ai reparti di degenza specialistici, ma viene dirottato in un’area medica che fa da filtro, costituita appositamente all’interno del Santa Croce. Si tratta di un’area ben protetta che ci consente di ripetere il tampone, di fare la Tac e tutti gli accertamenti necessari per ricoverare il paziente senza che questi costituisca un pericolo per gli altri o per i sanitari che si occupano di lui. Questa è la procedura che si segue nell’azienda Marche Nord e che risponde alle linee guida dell’Oms e dell’Istituto Superiore di Sanità». 
I protocolli
Nonostante tutte le precauzioni dettate dai protocolli, medici, infermieri e gli stessi pazienti comunque non sono esenti da rischi, anche se si tratta di casi isolati: vi sono infatti pazienti asintomatici (del resto è proprio il paziente asintomatico quello più difficile da individuare) che non generando alcun sospetto, affluiscono in ospedale per altri motivi clinici per poi manifestare una positività successivamente o sviluppando i sintomi o attraverso lo screening sulla positività che si effettua negli ospedali. 
Le precauzioni
Questo, infatti, è quanto accaduto nel reparto di Cardiologia del Santa Croce, originando quel focolaio che ha coinvolto i 7 pazienti. Tra l’altro il paziente che ha dato origine al contagio sembra che non riuscisse a tollerare la mascherina, per cui nonostante tutte le protezioni assunte all’interno del reparto, il virus si è trasmesso. A questo punto i degenti che necessitavano di un prolungamento di ricovero sono stati trasferiti in un ospedale Covid, mentre gli altri sono stati dimessi. Cantare vittoria in questa situazione è sempre difficile, i rischi in medicina sono sempre presenti; ma il personale del Santa Croce, cosciente di mettere a rischio anche la propria salute, non cessa di continuare a fare il proprio lavoro, con impegno e dedizione sottoposto a orari faticosi e condizioni di lavoro molto stressanti. 


Massimo Foghetti
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Corriere Adriatico