Fano, morì di emorragia in ospedale Quattro medici ora sotto accusa

La vittima giuseppina Pisanelli
FANO - Sono accusati di non aver svolto gli accertamenti e gli interventi necessari per risolvere l’emorragia interna che, il giorno dopo il ricovero all’ospedale...

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FANO - Sono accusati di non aver svolto gli accertamenti e gli interventi necessari per risolvere l’emorragia interna che, il giorno dopo il ricovero all’ospedale regionale di Torrette di Ancona per un rigonfiamento addominale, portò alla morte Giuseppa Pisanelli, casalinga sessantenne originaria di Crotone trasferitasi con la famiglia a Fano.

Il giudice Paola Moscaroli del Tribunale di Ancona ha fissato al 27 aprile l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio di quattro medici accusati di cooperazione in omicidio colposo. Si tratta di Francesco Marini, Massimo Simeone, Ugo Germani e Laura Bolognini, difesi dagli studi Scaloni di Ancona e Airaudo di Rimini.
Il fatto risale al 20 ottobre 2015. Giuseppa Pisanelli, affetta da cirrosi epatica, il giorno precedente si era presentata nell’ambulatorio di gastroenterologia per una visita di controllo.


Nell’occasione il medico, rilevando un marcato gonfiore dell’addome, aveva disposto un ricovero per svolgere i dovuti accertamenti. Nel reparto di malattie dell’apparato digerente la donna aveva lamentato forti dolori. Le era stata diagnosticata un’ascite pancreatica, ovvero un versamento di liquido nell’addome. La mattina seguente le analisi del sangue avevano rilevato una grave anemia che aveva indotto lo staff medico a disporre una trasfusione di sangue, eseguita alle 14. Un’ora dopo l’inatteso decesso: uno choc per i familiari, che tramite l’avvocato Enrico Cipriani presentarono subito un esposto. All’esito delle indagini, il pm Ruggiero Dicuonzo ha contestato ai medici l’omissione di una visita approfondita e di accertamenti adeguati, il ritardo della trasfusione di sangue, la mancata richiesta di una Tac addominale urgente e di una consulenza chirurgica e l’inerzia rispetto all’organizzazione di un intervento chirurgico che bloccasse l’emorragia. Un comportamento che secondo il pm è «prescritto dalla linee guida internazionali» e «avrebbe consentito una concreta possibilità di sopravvivenza della paziente». Secondo l’avvocato Alessandro Scaloni, invece, “la richiesta di rinvio a giudizio è incomprensibile. Chiederemo il rito abbreviato per una certa assoluzione». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico