Pesaro, Federico bloccato in Laos dal Coronavirus: «Come me tanti italiani, aiutateci»

Pesaro, Federico bloccato in Laos dal Coronavirus: «Come me tanti italiani, aiutateci»
PESARO - Di questi tempi, gli italiani all’estero stanno vivendo un vero e proprio incubo. Sia che siano fuori per questioni di studio, che per viaggi di piacere, le...

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PESARO - Di questi tempi, gli italiani all’estero stanno vivendo un vero e proprio incubo. Sia che siano fuori per questioni di studio, che per viaggi di piacere, le condizioni sono le stesse: i consolati e le ambasciate non hanno indicazioni precise e tanto meno soluzioni immediate, i governi, soprattutto in Asia, pensano al bene del proprio paese e chiudono, da un giorno all’altro, le frontiere, annullando i voli, senza possibilità di appello. Tutta colpa del Coronavirus. È questa l’avventura che sta vivendo anche Federico Petrillo, suo malgrado portavoce di diversi italiani attualmente in Laos, ma anche in Cambogia e Vietnam.


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«Ero partito il 5 febbraio per un viaggio che avevo “studiato” per due anni almeno: non mi piace fare il turista, preferisco essere un viaggiatore e vivere fino in fondo la cultura dei paesi che visito. Si trattava quindi di un lungo viaggio in Asia che comprendeva Vietnam del Nord e del Sud, Cambogia, Laos e Thailandia. Il 25 marzo sarei dovuto partire dal Laos verso l’ultima tappa, Bangkok, ma da ieri il Laos ha chiuso le frontiere. Dalla Thailandia ci sono ancora voli per l’Europa, ma è impossibile raggiungerla». In Laos c’è solo il consolato italiano che fa fede all’Ambasciata in Thailandia: «In questi paesi siamo quasi una cinquantina e forse anche di più: alla fine sono io quello in contatto, per tutti, con il console qui nel Laos, che però non ha notizie su come farci rientrare e sta aspettando direttive dal nostro governo».
 
«Comprendo benissimo che la cosa non è semplice e che l’Italia sta attraversando un momento particolarmente difficile, ma tanti italiani e addirittura tanti europei, vorrebbero tornare a casa».

La pandemia in Asia: «Qui ancora non è zona pericolosa, in Laos si contano 12 casi in tutto il paese, ma pensate solo se dovesse diventarlo. Siamo in Asia e non ci sono le misure igieniche necessarie a tentare di contenerlo come in Europa. È impossibile raggiungere la Thailandia, dove c’è almeno un’Ambasciata italiana e non è facile mantenere i contatti con tutti». Il problema potrebbe essere europeo: «Non sono certo un esperto, ma sto pensando che se l’Europa facesse fronte comune, se la Francia, che ha qui in Laos e in Asia tantissime persone che lavorano, riuscisse ad organizzare dei voli per l’Europa, forse potremmo riuscire ad uscire da questa situazione. Forse dovrebbero trovare dei canali per organizzare voli non di linea, con aerei governativi, per permettere il rimpatrio degli europei». 
La soluzione

«Ripeto - conclude - non sono un console e tantomeno un esperto, ma sto solo cercando di trovare una soluzione comune, per tutti coloro che sono qui, non solo per me, non solo per gli italiani. Malgrado la situazione che c’è in Italia, credetemi, preferiremmo tutti tornare». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico