L'ESPERTAANCONA «È un bel segnale. Non non ci speravo più, che la pala di San Bartolomeo di Girolamo Siciolante da Sermoneta tornasse ad Ancona. E mi fa molto, moltissimo...
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ANCONA «È un bel segnale. Non non ci speravo più, che la pala di San Bartolomeo di Girolamo Siciolante da Sermoneta tornasse ad Ancona. E mi fa molto, moltissimo piacere, ricordando quanto lavoro è costato riaverlo». Costanza Costanzi, direttrice della Pinacoteca civica Francesco Podesti dal 2010 al 2013, ha continuato l'opera di cesello diplomatico iniziata dal suo predecessore, il dottor Michele Polverari. «Riportare nelle Marche le opere trasferite a Brera in seguito alla spoliazione napoleonica era una sua idea fissa. Sua e di Pietro Zampetti, che considero uno dei miei mentori. Ci fu un momento in cui le trattative vennero agevolate dalla mia conoscenza diretta di Emanuela Daffra, all'epoca responsabile di uno dei settori della Pinacoteca milanese. Si diede molto da fare anche Mario Lolli Ghetti, che in quegli anni era direttore generale dei Beni Culturali delle Marche». Avevano messo a disposizione la loro indiscussa competenza anche i restauratori Carlo Giantomassi e sua moglie Donatella Zari, nel frattempo scomparsa: si erano offerti di eseguire gratuitamente lo smontaggio, il restauro e il riposizionamento della pala nella chiesa di San Bartolomeo.
Le tre condizioni
«La direzione di Brera continua la dottoressa Costanzi - si dichiarò disponibile al trasferimento, a tre condizioni: innanzitutto che si trattasse di un deposito temporaneo e non di un'acquisizione permanente. Quindi, che l'opera fosse posizionata nella chiesa da cui era stata prelevata, duecento anni prima. O almeno, in attesa della riapertura definitiva dell'edificio sacro, in un sito adeguato, con impianti di sicurezza a norma. Ci fu un momento in cui sembrò che i tempi di riapertura della chiesa fossero brevissimi. D'altra parte la pala, per le sue dimensioni è alta oltre 5,5 metri - non si sarebbe potuta collocare neppure temporaneamente in Pinacoteca. Poi i tempi slittarono, nel 2013 io lasciai l'incarico. Non ne ho saputo più nulla, fino a oggi». Costanza Costanzi è tra l'altro la curatrice di un'importante pubblicazione, edita nel 2005 dalla casa editrice Silvana, dal titolo Le Marche disperse. Repertorio di opere d'arte dalle Marche al mondo, che è regesto ragionato di tutti i capolavori che dalla nostra regione hanno preso strade diverse, anche per cause differenti dalla cosiddetta spoliazione napoleonica. «Prendendo spunto dal Taccuino, con cui nel 1783 il marchigiano Luigi Lanzi aveva recensito tutte le opere d'arte dell'Italia centro-settentrionale, mi misi in testa di dar conto di quelle scomparse dai luoghi delle Marche per cui erano state create, moltissime delle quali rintracciabili nelle maggiori gallerie del mondo».
Il San Sebastiano perduto
Il lavoro, ormai fuori stampa, resta un punto di partenza fondamentale per valutare la quantità e la qualità di dipinti che hanno preso il volo dalla nostra regione. Molte delle quali non torneranno mai indietro. «Che questa restituzione possa costituire l'inizio di un nuovo corso?». La perplessità di Costanza Costanzi è frutto della sua esperienza: «Credo che una svolta nella vicenda si debba alla maggiore flessibilità di direttori come quello di Urbino, l'austriaco Peter Aufreiter, e di Brera, il canadese James Bradburn. Ma per il San Sebastiano di Liberale da Verona non nutro alcuna speranza, in quanto è inserito stabilmente nel percorso espositivo».
Lucilla Niccolini
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Corriere Adriatico