L'ECONOMIA PESARO Una fase 2 tutta in salita per la ripresa delle aziende e

L'ECONOMIA PESARO Una fase 2 tutta in salita per la ripresa delle aziende e
L'ECONOMIAPESARO Una fase 2 tutta in salita per la ripresa delle aziende e delle attività con lo spettro di un autunno bollente. Per tanti lavoratori non sono ancora stati...

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L'ECONOMIA
PESARO Una fase 2 tutta in salita per la ripresa delle aziende e delle attività con lo spettro di un autunno bollente. Per tanti lavoratori non sono ancora stati accreditati i soldi della cassa integrazione di marzo. I sindacati analizzano la situazione dopo la ripresa di quasi tutte le attività. Dal 18 maggio hanno ripreso 28.169 imprese in provincia su circa 38 mila. Ma con le deroghe a centri benessere, ristoranti e bar quasi tutti sono tornati sul mercato. Ma la situazione non è semplice come descrive Maurizio Andreolini, segretario provinciale della Cisl: «Le criticità sono legate a una lentezza della ripresa stessa, ma ce lo aspettavamo. Non ci sono gli ordinativi, il portafoglio di produzione non è come prima per cui in una azienda da 100 persone oggi ne lavorano un 60/70 per cento. Una percentuale che torna anche nelle realtà più piccole. Del resto il Governo ha concesso altre 5 settimane di cassa integrazione Covid e tantissime imprese stanno aprendo la procedura per migliaia di lavoratori. Questo evidenzia la fragilità del sistema stesso, per non parlare del settore turismo e ristorazione che è praticamente fermo e con lui tutti i lavoratori del ramo, compresi gli stagionali».

I nodi
Altro problema, la cassa integrazione: al momento sono state autorizzate e pagate 23mila persone. «L'Inps ha velocizzato le procedure con 4mila lavoratori al giorno raggiunti dall'accredito. Ma ad oggi sono circa una metà quelli che hanno ricevuto i soldi, e pensiamo che tutto il ciclo si possa chiudere in un paio di settimana. Ma significa che tante persone hanno ricevuto gli stipendi di marzo a metà giugno: due mesi di profonda difficoltà economica. E lo specchio di tutto questo riguarda l'accesso ai buoni spesa: un dato che preoccupante. Facciamo due esempi: a Tavullia i servizi sociali seguivano una trentina di famiglie in stato di difficoltà, ma hanno richiesto i buoni spesa circa 300 famiglie, a Pesaro gli aiuti sono andati a circa 3000 famiglie, molte di più rispetto a quelle conosciute dai servizi sociali. Sta a significare che esiste un sottobosco di famiglie molto consistente che non erano così fragili perché avevano un lavoro, magari anche grigio o nero. E queste sono state le prime a saltare, di fatto allargando la soglia di povertà. Una dimostrazione di come il lavoro sommerso abbia una dimensione più rilevante del previsto».
I conti
Sono state 2630 le domande di Cig più 782 di Fis (Fondo integrazione al reddito). Si parla di 11 mila lavoratori nel legno edilizia, 13.228 lavoratori nella meccanica, nella chimica e tessile 3000 addetti. Ci sono anche altre 3.215 domande di cig in deroga per un totale di 8.554 lavoratori. Più altri 9.682 lavoratori dell'artigianato che hanno chiesto sostegno all'Ebam. In pratica 48 mila persone che hanno chiesto sostegno al reddito. Anche per Roberto Rossini, segretario della Cgil «il ritardo del pagamento ammortizzatori sociali, sta pesando molto sulle famiglie. Una buona metà degli aventi diritto lo hanno avuto, ma tanti altri aspettano. Ma guardando al futuro lo scenario non è incoraggiante: il rallentamento dell'export si ripercuote sulle prospettive produttive delle aziende. Settori che vivono di stagionalità come il mobile, l'arredo bar, macchine utensili in questa fase dove si lavorava intensamente in estate sono fermi. Questo genera preoccupazione su come si affronterà l'autunno. A settembre c'è sempre un calo e sarà molto complicato se non si riattivano certe dinamiche. Del resto l'export è un traino e alimenta tutta una filiera di terzisti e imprese dell'indotto che lavorano dietro le grandi aziende pesaresi. Sono piccole imprese sottocapitalizzate e con poca liquidità. Tante hanno già chiesto la proroga di 5 settimane di covid».
I distinguo

Ultima nota, i protocolli di sicurezza. «Nelle aziende sindacalizzate ci sono stati accordi regionali e anche coordinamenti locali che ci permettono di poter avere misure anticontagio controllate e stringenti. Ma ci sono altre realtà dove non ci sono comitati di sicurezza né accordi provinciali. Chiediamo quindi controlli stringenti non per vessare gli imprenditori, ma per evitare nuovi focolai».
Luigi Benelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere Adriatico