In Gazzetta Ufficiale/Porte aperte all’auto che si guida da sola (nonostante le buche)

L'auto va, al posto guida si legge un libro
L’Italia della mobilità accelera. Sulla diffusione dell’auto elettrica, bisogna riconoscerlo, il Belpaese dei motori è ancora parecchio indietro. ...

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L’Italia della mobilità accelera. Sulla diffusione dell’auto elettrica, bisogna riconoscerlo, il Belpaese dei motori è ancora parecchio indietro.


Ma non sembra disposto a lasciare spazio alle locomotive del mondo nel campo della guida autonoma, quel percorso affascinante e virtuoso, ma ricco di ostacoli e difficoltà, che consentirà un giorno nemmeno troppo lontano ai veicoli di guidarsi da soli. In questo modo verranno azzerati in un colpo i mille disastri combinati dagli umani che, con la loro superficialità e disattenzione, sono la causa della quasi totalità degli incidenti stradali e quindi del più di un milione di vite spezzate ogni anno sulle strade dei vari continenti. In questo campo ieri sono scattate due importatissime novità.

Da una parte il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti potrà infatti autorizzare la sperimentazione su strada di veicoli a guida autonoma. Dall’altra lo stesso decreto prevede lo sviluppo delle “smart road”, quei tratti di strada ad alta tecnologia e fortemente connessi che consentono di dare informazioni puntuali e dettagliate e chi ci viaggia con lo scopo non ultimo di migliorare la sicurezza stradale. La svolta, il cambio di passo, è encomiabile, roba del genere avviene da tempo negli Stati Uniti e in Giappone, ma anche in Germania e Cina. Perché restare a guardare? Girando per le strade della Capitale, però, non si può non sorridere di fronte ad iniziative del genere. E se la sicurezza è un valore sarebbe veramente il caso di intervenire per mettere fine una volta per tutte alla circolazione groviera, una buca dietro l’altra, alcune delle vere voragini che rendono avventuroso il viaggio di scooter e motorini, ma non lasciano dormire sonni tranquilli nemmeno agli automobilisti che ormai si spostano con l’incubo di bucare un pneumatico, piegare un cerchione, danneggiare una sospensione.

Il traffico a Roma non è mai stato disciplinatissimo, ma questa nuova situazione che costringe i veicoli a fare lo slalom certo non migliora lo scenario con l’indice di rischio che s’impenna vertiginosamente. In pochi avrebbe scommesso che la parziale soluzione di questo increscioso problema potessero diventare quelli che fino a poco tempo fa venivano considerati il problema. I Suv. Grandi, ingombranti, magari pure inquinanti. Nati per gli spazi liberi e l’avventura apparivano un controsenso nell’habitat ovattato delle città. Attualmente la loro diffusione metropolitana è vertiginosa e sono quasi ben visti poiché sono ormai uno dei pochi mezzi per non uscire con le ossa rotte se si percorrono le strade anche centrali (anzi soprattutto centrali) della Capitale. Certo non sarà tutta colpa della sindaca, alcuni problemi vengono da lontano, hanno origini antiche. Già qualche anno fa il più grande costruttore di due ruote del pianeta aveva spostato la sperimentazione dei propri ciclomotori sulle strade romane ritenute le più impegnative.


Della serie: se funziona lì va bene dappertutto. Ma per ripartire deve esserci un punto d’inizio e quello delle buche appare un’icona perfetta, una piaga sotto gli occhi di tutti e che riguarda le strade, cosa per le quali i romani (quelli antichi) sono rimasti famosi per secoli. Le “highway” romane con i loro grandi ciottoli si allontanavano dal Campidoglio per migliaia di chilometri raggiungendo le province dell’Impero quando in altri posti del mondo conosciuto dovevano inventare ancora le mulattiere. Dalle buche dobbiamo ripartire, è un diritto dei romani riavere almeno le strade lisce, nel più breve tempo possibile. Anche perché Roma, oltre ad essere Caput Mundi, è anche la Capitale, quindi biglietto da visita del Paese intero. Certo, il problema delle buche romane è del comune, mentre le smart road le “promuoverà” il Ministero e gli investimenti verranno effettuati dai “concessionari” (quelli delle autostrade). Se chi deve farlo non ci riesce da solo, però, è il caso che scendano in campo anche gli altri, le buche vanno rapidamente cancellate, altrimenti rischiano di diventare come l’immondizia qualche anno fa per Napoli, un caso di risonanza mondiale.

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Corriere Adriatico