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L’auto elettrica non convince ancora gli italiani. A poche settimane dall’avvio, e in vista del nuovo round atteso per marzo, sono praticamente esauriti gli incentivi dell’ecobonus per le auto a motore termico a basse emissioni. Secondo i dati riportati sul sito del Mimit le risorse ancora a disposizione per le auto con emissioni tra 61 e 135 grammi di CO2, con alimentazione a benzina o diesel di ultima generazione ma anche mild ibrid, sono ormai una manciata di milioni, rispetto a una dotazione iniziale di 120 milioni di euro. Restano al palo invece le auto elettriche: gli incentivi disponibili per i veicoli tra 0 e 20 grammi di CO2 al km sono circa 187 milioni rispetto a uno stanziamento iniziale di 194 milioni. Non va meglio per le plug-in, ovvero per le auto tra 21 e 60 grammi di CO2: qui dei 232 milioni iniziali ne restano ancora ben 229. Chi rimarrà a bocca asciutta dovrà attendere i nuovi aiuti che arriveranno probabilmente a marzo.
L’obiettivo della nuova tornata, attentamente rimodulata a favore dei redditi bassi, è quello di rilanciare il settore, da troppo tempo sofferente e sotto i riflettori negli ultimi giorni per le polemiche tra il governo e Stellantis.
Per facilitare il passaggio all’elettrico, tornano anche gli incentivi per le necessarie colonnine di ricarica, con uno sconto fino all’80% sul prezzo di acquisto e installazione per un massimo di 1.500 euro per i privati e 8.000 euro per i condomini. Il nuovo piano di agevolazioni arriva in un momento delicato nei rapporti tra il governo e Stellantis. «Senza sussidi si mettono a rischio gli impianti in Italia», ha avvertito l’amministratore delegato della multinazionale, Carlos Tavares, indicando gli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano come quelli più a rischio. Dopo la replica del ministro Adolfo Urso è arrivata anche quella del ministro degli Esteri Antonio Tajani: «La preoccupazione maggiore è la difesa del posto di lavoro. Mi auguro che Stellantis possa continuare a produrre auto in Italia, elettriche o ibride. Ma è importante che l’Italia possa continuare a essere la seconda manifattura d’Europa». Il tema diventa oggetto di scontro politico. Il leader di Azione, Carlo Calenda, chiama in causa direttamente la proprietà: «Elkann deve venire in Parlamento in Italia a spiegare quale è il piano industriale di Stellantis». Crescono intanto i timori dei sindacati per gli stabilimenti nella Penisola, anche guardando alla travagliata storia del sito di Termini Imerese, un tempo fabbrica Fiat, dove non si vede ancora la luce per l’ex Blutec. Nessuna delle tre proposte pervenute ai commissari straordinari sarebbe idonea.
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