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La lunga scalinata alle spalle dell’orchestra e i fiori sono due elementi simbolici di Sanremo che è ormai alle porte. E proprio il tradizionale bouquet è stato oggetto di un importante segnale: dopo anni in cui il mazzo di fiori veniva regalato solo alle donne, rimarcando sì galanteria ma anche differenza - la decisione di essere equal, distribuendolo ogni sera a una figura diversa – musicista o cantante – fosse essa un uomo o una donna. Un gesto simbolico del cambiamento che da alcuni anni interessa anche l’industria musicale a livello globale. Eppure la musica non rappresenta un settore a cui si è dedicata la dovuta attenzione in termini di gender gap pur presentando numeri altrettanto preoccupanti. Le ricerche promosse nel 2020 da Spotify raccontano di una scarsa presenza femminile tra le canzoni prodotte (circa il 27%), di poche autrici donne (poco più del 20%) e di una scandalosa soglia del 3% nella produzione. E in Italia? I dati che si hanno a disposizione sono spesso frammentari ma sembrano confermare gli stessi trend internazionali.
Il SAE Institute, campus internazionale che forma giovani nel settore dei Creative Media, ha promosso uno studio qualitativo, “Women in creative industries il gender gap nell’industria musicale italiana”, molto ampio in tutti gli ambienti della musica italiana: il backstage, il frontstage e il management. Dalla testimonianza diretta delle donne che lavorano in questo settore a vario titolo e dall’incrocio con lo sguardo di un campione più piccolo di uomini sono state indagate le percezioni delle dirette interessate, gli ostacoli e i pregiudizi vissuti sulla propria pelle, insieme alle prospettive, che già si intravedono negli ultimi anni, e all’azione di alcune associazioni come Equaly che fanno del gender equality nella musica l’obiettivo prioritario.
DIVERSE BARRIERE
Per quel che concerne l’ambito delle performance, sia le musiciste che le artiste intervistate hanno confermato diverse barriere all’ingresso, alcune di carattere socio-culturale, come lo stereotipo della cantante – definita dalle nostre intervistate “vetrina” - altre più di carattere psicosociale, connesse soprattutto all’interiorizzazione di modelli patriarcali che spingono le donne alla ricerca di una perfezione che, se non raggiunta, porta all’abbandono della carriera.
*Docente e ricercatrice presso il SAE Institute Italia
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