Spese facili in Regione, la Cassazione: «Spacca e Bugaro, condanne anomale»

Spese facili in Regione, la Cassazione: «Spacca e Bugaro, condanne anomale»
ANCONA Una condanna «anomala». Usa questo termine la Cassazione per definire la pena inflitta dalla Corte d’Appello di Perugia a Gian Mario Spacca e Giacomo...

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ANCONA Una condanna «anomala». Usa questo termine la Cassazione per definire la pena inflitta dalla Corte d’Appello di Perugia a Gian Mario Spacca e Giacomo Bugaro, imputati in uno dei labirintici filoni delle cosiddette Spese facili. Le condanne, un anno e otto mesi per l’ex governatore e un anno e mezzo per l’ex vice presidente dell’assemblea legislativa, sono state annullate con rinvio lo scorso 8 febbraio dalla Corte Suprema di Roma.  


L’appello ter


Ieri sono state pubblicate le motivazioni del verdetto che farà incardinare un processo d’appello ter, questa volta davanti alla Corte d’Appello di Firenze. Stando agli ermellini, «sussiste certamente un vizio di motivazione decisivo» nella condanna per peculato emessa nell’ottobre del 2021 dai giudici perugini. Per la Cassazione sarebbe da rivedere la sussistenza dell’impianto accusatorio, basato sull’utilizzo di fondi pubblici per spese non direttamente connesse all’attività istituzionale. Per la precisione, Spacca era stato condannato per cinque capi d’imputazione relativi a spese di ristorazione, acquisto di pacchetti di sms sul portale Aruba, somme destinate a coprire i costi (circa 20mila euro) per spedire alcune riviste (Koiné, Marche Domani). I giudici d’appello di Perugia avevano riconosciuto a Bugaro tre capi d’imputazione legati a spese postali e di partecipazione a convegni. Si tratta, in totale, di poco più di 5mila euro. Spese compiute tra il 2008 e il 2012, tanto che per alcuni capi nel frattempo è arrivata la prescrizione. Secondo la Cassazione, la condanna sarebbe arrivata «del tutto apoditticamente», come la «conclusione circa la finalità di propaganda politica personale delle spese». Sono state ritenute «ininfluenti le dichiarazioni rese dagli imputati sulle quali era stata fondata la pronunzia assolutoria» dopo aver chiarito la legittimità delle spese. La condanna di Spacca e Bugaro, che hanno proceduto con il rito abbreviato, è arrivata dopo due assoluzioni bis: una decretata dal gup dorico, l’altra dalla Corte di Appello di Ancona. «Le gravi lacune motivazionali» hanno spinto la Cassazione ad annullare la condanna e far incardinare un nuovo processo a Firenze nella «piena libertà delle valutazioni di merito di sua competenza». Un monito ai giudici: «Il ribaltamento dello scrutinio di responsabilità compiuto nel processo di appello sullo stesso materiale probatorio acquisito in primo grado» deve sorreggersi su «argomenti dirimenti».


Le reazioni


«Mi aspettavo questo annullamento da parte della Cassazione - osserva Spacca - perché dopo 2 sentenze di assoluzione del tribunale di Ancona, decidere una condanna- come ha fatto Perugia- per aver spedito un periodico sulle Marche per promuovere i risultati dell’azione di governo, era semplicemente inconcepibile». Ancora più diretto Bugaro: «Viste le motivazioni, poteva assolvermi direttamente la Cassazione. Sono l’unico caso in Italia che per pochi soldi, peraltro rendicontati, deve sostenere il terzo appello. È l’esempio paradigmatico dello stato della giustizia italiana. Vado avanti con serenità, certo che andrà tutto bene». E, parafrasando il Vangelo secondo Matteo, aggiunge: «Beati coloro che sono perseguitati per la causa della giustizia perché per loro è il regno dei cieli». 

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Corriere Adriatico