Le Pen e Salvini a testa in giù, Mangialardi chiede scusa: «Sporcata la Liberazione». Ma il suo ruolo è in bilico

Maurizio Mangialardi, capogruppo del Pd nell'Assemblea legislativa delle Marche
ANCONA - Uno scivolone che gli vale la pubblica «condanna» nell’aula del Consiglio regionale e che fa traballare il suo ruolo di capogruppo del Pd. Il day after di Maurizio...

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ANCONA - Uno scivolone che gli vale la pubblica «condanna» nell’aula del Consiglio regionale e che fa traballare il suo ruolo di capogruppo del Pd. Il day after di Maurizio Mangialardi - dopo la storia su Instagram in cui Matteo Salvini e Marine Le Pen compaiono a testa in giù, rimbalzata sui social nella giornata che celebra la liberazione dal nazifascismo – è partito in salita, con una riunione del gruppo dem per capire come gestire la patata bollente, dopo che la bufera è assurta agli onori delle cronache nazionali. 

 
L’ipotesi passo indietro
Nella tarda serata di lunedì era anche ventilata l’ipotesi che potesse rimettere il mandato di capogruppo, cosa che poi non si è verificata. In compenso, il centrodestra non si è lasciato sfuggire l’occasione e, nella riunione dei capigruppo, ha fatto inserire nell’ordine del giorno una mozione – approvata a maggioranza – per «esprimere la netta condanna per quanto pubblicato, in quanto rappresenta una comunicazione violenta, intollerante, di istigazione all’odio verso l’avversario politico» ed in cui si «invita il gruppo Pd ad assumere i provvedimenti adeguati». Provvedimenti che per ora non sono arrivati e, in aula, i colleghi di partito hanno fatto quadrato introno al capogruppo, a parte la consigliere Manuela Bora, unica a non intervenire in sostegno di Mangialardi. Una “questione capogruppo” era già in corso: è cosa nota che non tutti i consiglieri dem siano entusiasti del suo operato, ma la richiesta di un passo indietro difficilmente arriverà da Ancona. Nel caso, toccherà a Roma: gli chiederà di farsi da parte? «Allo stato attuale no – fa sapere il commissario del Pd Alberto Losacco, che aggiunge –: abbiamo una riunione con il gruppo nei prossimi giorni ed affronteremo la questione». Intanto, ieri in aula, Mangialardi ha ribadito la propria difesa: «La storia (e non post) non è del 25 aprile ma del 24. Salvini più volte ha detto in tv che il programma di Marine Le Pen avrebbe potuto capovolgere l’Unione europea. Invece non è stata capovolta l’Europa ma quelle tesi. Nessuna attinenza con eventi tragici che hanno segnato la storia del nostro paese. Un fatto che, se decontestualizzato, poteva sembrare non opportuno ma se contestualizzato assume il significato che intendevo dargli. Se devo chiedere scusa – ha proseguito -, lo chiedo al 25 aprile per aver sporcato questo evento. Anche se forse la Regione dovrebbe occuparsi di più dei problemi che interessano famiglie e imprese». 


Le critiche


Poi la sibillina conclusione: «Rispondo solo al mio gruppo per il ruolo che ho e se devo rimettere il mandato lo faccio per loro. Non può essere quest’Aula a prendere provvedimenti ma lo deve fare chi mi ha dato la fiducia». Da qui un dibattito di quasi tre ore. Tra gli interventi, quello del capogruppo FdI Carlo Ciccioli, che ha puntato il dito contro «la politica dei due pesi e delle due misure portata avanti dal Pd: se dopo la vittoria di Orban avesse fatto un post con una foto di Letta a testa in giù sarebbe scattato il linciaggio nei miei confronti», mentre per Marco Marinangeli (Lega) «non è un processo a Mangialardi, ma la censura di un atto che ha le caratteristiche per essere condannato ed anzi mi sorprende che non ci sia una vera e propria ammissione di colpa ma solo delle scuse fuori posto». Il gruppo dem ha fatto scudo a Mangialardi, con Romano Carancini che ha sottolineato come «in questi 18 mesi abbia tenuto sempre una condotta di correttezza istituzionali», mentre Andrea Biancani ha ritenuto la mozione «una speculazione politica che viene portata in Aula in maniera illegittima e creando un precedente gravissimo». Fabrizio Cesetti ha infine osservato come «Mangialardi abbia fatto uno scivolone nel metodo ma non nel merito perché non c’è odio nel suo post e in ogni caso non si possono censurare le opinioni di un consigliere». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico