I figli di immigrati senza permesso di soggiorno non hanno diritto a tutele, il Pd Marche: «Cancellare la discriminazione»

La sala del consiglio regionale delle Marche
ANCONA - I bambini invisibili, figli di immigrati senza permesso di soggiorno, che non possono essere iscritti all’anagrafe e dunque restano fuori dai radar, senza poter...

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ANCONA - I bambini invisibili, figli di immigrati senza permesso di soggiorno, che non possono essere iscritti all’anagrafe e dunque restano fuori dai radar, senza poter accedere ad alcun servizio. Bambini fantasma, vittime di un vuoto normativo che si è creato nel 2009, quando venne modificato il testo unico, del 1998, sulle disposizioni concernenti le discipline dell’immigrazione. Ora si cerca di invertire la rotta con una proposta di legge alle Camere – prima firmataria, la dem Debora Serracchiani – che ripristini questo diritto, ma l’articolato si è arenato nelle sabbie mobili romane.

  
Lo stimolo
Per dare stimolo alla ripresa della discussione parlamentare in merito a questo tema, il gruppo consiliare del Pd ha depositato una proposta di deliberazione – primo firmatario Antonio Mastrovincenzo – da presentare alla Camera dei deputati in caso di approvazione dell’assemblea legislativa regionale. «Mi auguro che questa proposta di legge alle Camere, sia discussa e approvata presto dal Consiglio regionale e possa essere di stimolo per il Parlamento affinché si provveda ad una doverosa modifica legislativa in materia – spiega il consigliere dem –. Si tratta di una norma di civiltà. I bambini che nascono in Italia da genitori “irregolari” non hanno nemmeno diritto all’atto di nascita che ne certifichi l’esistenza. Il fondamentale diritto al riconoscimento legale dei bambini non può essere leso dalla condizione giuridica dei genitori. Questa è una grave discriminazione che il Pd vuole cancellare, in perfetta sintonia con la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Da qui il mio ed il nostro impegno attraverso questa proposta di legge». 


I servizi
Per capire la portata della tematica, basti pensare al fatto che tutti i servizi di sostegno alla persona si fondano sulla premessa che un determinato individuo possa essere rintracciato e ne possano essere verificati i bisogni, ma senza una certificazione di nascita, si viene semplicemente considerati giuridicamente inesistenti. «La presente proposta – si legge nel dossier di accompagnamento all’articolato depositato da Mastrovincenzo – vuole dunque ripristinare la norma abrogata nel 2009, così riconoscendo, tra le altre cose, il diritto dei bambini ad avere una certificazione anagrafica anche quando i genitori siano migranti privi del permesso di soggiorno. Riteniamo infatti che la certificazione anagrafica, al pari di tutti gli atti di stato civile e al pari dei provvedimenti inerenti l’accesso ai pubblici servizi, sia da considerarsi comunque un diritto fondamentale e inviolabile, che deve prescindere dalla condizione di irregolarità dei propri genitori».


Il 7 agosto del 2009, il ministero dell’Interno – al tempo guidato da Roberto Maroni, nel governo Berlusconi – ha adottato una circolare interpretativa dell’articolo 6 del decreto legislativo 286 del luglio 1998 che però si è rivelata priva della forza necessaria a dare certezza giuridica a queste fattispecie in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, ma anche insufficiente a convincere i migranti irregolari a riconoscere i propri figli per non rischiare l’espulsione o altre gravi forme di penalizzazione. Se approvata, la pdl non garantirà la cittadinanza italiana – perché lo Ius soli è ancora un lontano miraggio – ma permetterà a questi bambini si uscire dalla condizione di “invisibilità”. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico