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ANCONA - Galleggia sull’Adriatico come le briciole di pane lasciate da Pollicino per non perdere la strada del ritorno: peccato che tutta la plastica avvistata in mare anche in questa estate rovente di fiabesco abbia praticamente zero. È il simbolo invece di una inciviltà che ha trasformato lo specchio d’acqua di fronte alla costa marchigiana in un contenitore di rifiuti ormai fuori controllo.
Dentro c’è di tutto: dagli pneumatici alle biciclette, dai sacchetti di plastica, ai palloni, alle scarpe, fino ai materiali da imballaggio: perché se non si smaltisce a regola d’arte prima o poi, tutto o quasi va a finire in mare. Lo sanno bene i pescatori marchigiani, quelli che in queste settimane di stop possono continuare l’attività ittica con tipi di reti meno invasive.
Cosa succede
Proprio in queste reti, a tre miglia dalla costa, si impigliano quintali di plastica e di rifiuti di ogni genere. «Negli ultimi quattro anni la situazione è veramente precipitata - spiega Simone Cecchettini, responsabile regionale Agroalimentare e Pesca marittima di Legacoop Marche -, tanto che si rendono sempre più necessarie isole ecologiche ben strutturate in ogni porto per garantire lo smaltimento adeguato di tutto quello che resta impigliato nelle reti».
Lo studio
Quanto raccolto è stato analizzato dagli scienziati, che hanno anche cercato frammenti di plastica nel pescato destinato al consumo, in particolare acciuga, nasello, sardina, sogliola, sugarello e triglia di fango: In tutte le specie ittiche analizzate è stata riscontrata la presenza di plastica nei tratti gastro intestinali. Una vera e propria zuppa di plastica oggetto di studio e di ricerca da parte anche della Università Politecnica delle Marche, mentre la Regione nel 2019 ha approvato una legge che vieta l’utilizzo di prodotti di plastica monouso dal litorale alle strutture pubbliche, negli enti istituzionali e dentro gli Atenei.
Le iniziative istituzionali
Di qualche mese fa invece la proposta di legge - approvata all’unanimità dal consiglio regionale - che focalizza l’attenzione sugli scarti trasportati dai corsi d’acqua: in primo piano lo sviluppo di progetti che sappiano applicare, innovandole o migliorandole, le tecniche di intercettazione dei rifiuti prima che raggiungano l’ambito marino. Insomma qualcosa si muove a livello istituzionale per cercare di frenare l’inquinamento marino, mentre sempre la Univpm ha aderito alla campagna contro il lancio di palloncini, al terzo posto tra i rifiuti più pericolosi per tartarughe e uccelli marini. La plastica morbida che li compone, se ingerita da un animale, ha 30 volte più possibilità di ucciderlo rispetto alla plastica dura. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico