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ANCONA - Una patrimoniale camuffata, una bolla speculativa, un impoverimento delle famiglie e dello Stato. Sono davvero tante le critiche che piovono sulla direttiva di efficientamento energetico proposta dell’Unione Europea. Solo nelle Marche, entro il 2030, diventerebbero illegali ben 6 case su 10, poiché ricadono nelle classi energetiche, meno efficienti, F e G; se si applica l’obiettivo di entrare in classe D entro il 2033, il dato arriverebbe a tre su quattro. Si tratta ancora di una bozza, che sarà discussa il prossimo 9 febbraio a Bruxelles, ma contro la quale tutti fanno squadra - più di 1.500 gli emendamenti presentati dagli eurodeputati - perché non tiene conto né della storia e delle peculiarità del patrimonio immobiliare italiano, quindi marchigiano, né dell’economia reale.
La composizione
Entra nel merito, Maurizio Campanelli: «Questa bozza fissa dei parametri difficilmente raggiungibili, a meno che la Commissione non ci dia trenta anni per farlo». Il vicepresidente delle Confapi Marche, la Confederazione italiana piccola e media industria privata, a capo della Campanelli Costruzioni di San Paolo di Jesi spiega che esistono in Italia degli impedimenti obiettivi. La natura stessa del patrimonio edilizio, molto più vetusto; la composizione della proprietà, tre famiglie su quattro dovrebbero di nuovo investire mentre, negli altri paesi europei, l’immobiliare è in gran parte nelle mani di gruppi che scaricano fiscalmente la spesa; infine, l’elevata frammentazione del comparto della costruzione e la grave carenza di manodopera specializzata. «Una riqualificazione generale - osserva Campanelli - richiederebbe molta manodopera e il comparto, composto per la maggior parte di imprese piccole, è in difficoltà con i vari bonus e superbonus.
La sicurezza
Per il presidente Ance Marche, l’Associazione nazionale costruttori edili, l’imprenditore Stefano Violoni, «la direttiva si potrebbe anche applicare, ma bisognerebbe partire oggi, sapendo bene quello che si vuol fare. E non è il caso dell’Italia. Ha un importante patrimonio immobiliare, ma vetusto sia dal punto della sicurezza sismica, sia dei requisiti energetici; il settore è normato da tante regolamentazioni urbanistiche e gli enti preposti al rilascio delle concessioni non brillano in efficienza. E ancora: non abbiamo una seria politica fiscale che possa accompagnare gli interventi. Basti pensare - incalza - al superbonus che ha subito notevoli mutamenti nel corso dei mesi e alla completa assenza di una sua programmazione di lungo periodo. Senza dimenticare l’impossibilità, per il momento, di trasformare i crediti fiscali in liquidità. Insomma, non abbiamo le armi giuste per affrontare un settennato, 2023-2030, carico di obiettivi. Spero che si riesca da una parte a ragionare su tempi più congrui, e dall’altra a ben programmare un cambiamento epocale del nostro patrimonio edilizio caratterizzato da un’alta percentuale di edifici storici e di pregio che meritano una attenzione particolare. Forse in Europa va ricordato proprio questo. Da troppo tempo - conclude - e su troppi settori stiamo subendo le direttive europee: chi ci rappresenta lo deve fare bene».
Le cifre
Che la direttiva Epbd o efficienza energetica degli edifici, non si adatti al patrimonio marchigiano lo dimostra l’Ufficio Studio di Confartigianato Marche. Il 59,6% dei 212.804 attestati di prestazione energetica (Ape) si riferisce a immobili che ricadono nelle classi F (26,1%) e G (33,5%) e se si sommano a quelli in classe E (17,3%) sono 76,9% le case marchigiane non green. Il che rapportato ai 330mila edifici censiti abitati da 647mila famiglie significa che sono quasi 249mila le costruzioni da mettere a norma su cui dovranno investire quasi 488mila famiglie.
Ragione per cui si parla di una misura che a tutti gli effetti è una eco-patrimoniale. «Imporre questi parametri – osserva Gilberto Gasparoni, segretario regionale di Confartigianato – non solo andrà a determinare una perdita di valore della grande maggioranza degli immobili finché non saranno messi a norma, e quindi impoverisce le famiglie proprietarie, ma creerà un’ulteriore bolla speculativa in un momento in cui ci sono tensioni sul mercato. I bonus e il superbonus hanno già provocato una serie di rincari e di speculazioni sulle materie prime e aggravato il problema del reperimento della manodopera specializzata. Questa proposta - conclude - arriva decisamente in un momento inopportuno. Servono un periodo molto più lungo, almeno fino al 2040, e fondi europei dedicati, dato che le famiglie italiane, che sono le vere proprietarie degli immobili, non sempre sono nelle condizioni di sostenere i costi».
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