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ANCONA - Li hanno depositati tra giovedì scorso e ieri mattina, in previsione della discussione calendarizzata per oggi e domani, la due giorni del consiglio regionale. Tecnicamente si tratta di 52 emendamenti (per la bellezza di 126 pagine) alla proposta di legge numero 52 del 2021 che va a riscrivere la legge 20, l’impalcato che da 20 anni regge la macchina organizzativa della Regione. Praticamente, invece, si tratta della prima, vera trincea dentro la quale il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle provano a far salire di tono l’azione di opposizione.
Il tema è più atteso che noto: sono filtrati i capisaldi della nuova organizzazione ma ancora non si sa quali, e come, saranno i dirigenti toccati dalla riorganizzazione.
L’ultimo aggiornamento ventila addirittura una riduzione ulteriore dei dipartimenti. Il vero tema, quello politico, è capire quale direzione voglia dare il centrodestra alla Regione organizzativamente: non tanto, e non solo, per affrontare le sfide di crescita e sviluppo che i finanziamenti trattati fino a questo punto offriranno nei prossimi mesi (in ordine sparso, Pnrr, fondi strutturali, fondo di Coesione.). Piuttosto, dopo tanta emergenza per la pandemia, la vera curiosità degli addetti ai lavori è capire come la maggioranza capitalizzerà in termini operativi la vittoria dello scorso settembre dopo 25 anni di centrosinistra. È passato quasi un anno, infatti, dalla vittoria del 21 settembre e, tra i numerosi file aperti, quello legato al Personale è uno di quelli maggioramente scrutati con preoccupazione dalle opposizioni.
La presenza dall’altra parte della trincea di un assessore poco attaccabile e spesso molto articolato nelle risposte come Castelli viene letta come elemento di preoccupazione. Di sicuro non si è fatto intimorire il Pd che intanto ha fatto capire la musica: ci sono i miglioramenti lessicali che negli sbarramenti dei dibattiti spesso fanno da utile companatico ma ci sono anche le proposte su cui poi in aula sentiremo se è uno spartito perseguibile. C’è l’argomento della parità di genere, quello del contenimento della spesa pubblica, i rapporti tra giunta e consiglio, ma soprattutto c’è «il segretario generale della giunta che deve essere il segretario generale». Vedremo come finirà.
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Corriere Adriatico