Il primario Maracchini: «Manca il personale, nessuno vuole lavorare nei Pronto Soccorso»

Il primario Maracchini: «Manca il personale, nessuno vuole lavorare nei Pronto Soccorso»
Arrivano nuove linee guida organizzative regionali per la presa in carico nelle strutture di emergenza urgenza. Gianfranco Maracchini, primario del Pronto soccorso di Senigallia:...

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Arrivano nuove linee guida organizzative regionali per la presa in carico nelle strutture di emergenza urgenza. Gianfranco Maracchini, primario del Pronto soccorso di Senigallia: cosa si aspetta da questo nuovo documento di riferimento? 


«Si tratta di misure che inquadrano il servizio affinché sia garantita la missione del Pronto soccorso, ossia dare risposte tempestive, adeguate e ottimali ai pazienti giunti in ospedale in modo non programmato, affrontando le situazioni di emergenza e urgenza clinica e assistenziali, attuando tutti i provvedimenti immediati salva vita. Ma rimangono linee di indirizzo che vanno attuate da persone e con posti letto a disposizione».

 

E quindi?
«Purtroppo continuano a mancare le persone e non è colpa della Regione».

Ma non sono arrivati recentemente dei medici a Senigallia?
«Sì ed è già un primo passo. Sono in sette e tutti neolaureati che lavorano nella medicheria e quindi si occupano dei codici minori. Ma da contratto possono lavorare da 12 a 30 ore. Alcuni fanno il minimo, altri 18 e curano i codici bianchi e verdi e qualche azzurro».

Codici che riguardano tante persone che si presentano al pronto soccorso.
«E sono un prezioso aiuto considerando che sono quelli che devono aspettare di più. Questo riduce i tempi di attesa, dà una risposta tempestiva ai pazienti e ci aiuta per le pratiche infortunistiche. Poi, a Senigallia, abbiamo anche potenziato i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, percorsi rapidi per inviare direttamente il paziente da specialisti come l’otorino, il pediatra, l’oculista. Ma tutto questo non risolve il fatto che a Senigallia siamo solo quattro medici strutturati che non riescono a coprire un turno per affrontare i codici azzurri, arancioni e rossi». 

Siamo di nuovo alla casella di partenza?
«Direi che non siamo mai partiti da quella casella. I soliti problemi di personale e di posto letto. Partiamo dal personale: i concorsi ci sono stati, ma purtroppo continuano ad andare deserti. I giovani medici non partecipano e quelli che partecipano non sempre si presentano. Il Pronto soccorso non le interessa».

Perché?
«Troppe ore, tante responsabilità. La Regione ci è venuta incontro riconoscendo un aumento per le prestazioni aggiuntive, ma non può risolvere il problema. Comunque i pochi medici in servizio devono lavorare ancora di più».

La soluzione?
«Modificare il contratto di lavoro che dovrebbe prendere atto dei sacrifici e della scelta di chi lavora in Pronto soccorso di non poter lavorare nel privato. In pratica, ci vorrebbe a livello nazionale un’indennità specifica per chi lavora nelle urgenze. Comunque, nel caso delle linee di indirizzo c’è anche il problema dei posti letto».

I numeri nei reparti sono rimasti gli stessi?


«Il problema è che, se un reparto è pieno, lo è perché ha dei pazienti da curare e quindi per liberare dei posti devono essere dimessi. La struttura di assistenza a domicilio ha spazi per curare i pazienti cronici dimessi e ricollocati a domicilio?».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico