Ospedali e servizi nell’entroterra, il centrodestra ridisegna la sanità: ecco su quali basi si lavora

Elena Leonardi, consigliere regionale Fdi e presidente della commissione Sanità
ANCONA  - L’ultima volta, la gestazione è durata più di un anno e si è arrivati lunghi, con l’approvazione messa agli atti a fine legislatura...

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ANCONA  - L’ultima volta, la gestazione è durata più di un anno e si è arrivati lunghi, con l’approvazione messa agli atti a fine legislatura (per la precisione, il 4 febbraio 2020: di lì a poco, si sarebbe scatenato l’incubo Covid mettendo tutto in stand by). Ora, si cerca di invertire l’equazione, avviando il percorso nella prima finestra utile lasciata aperta dalla pandemia.

 

Per il momento, il Piano socio sanitario targato centrodestra è poco più di un foglio bianco, con alcuni punti fermi – in primis, il no agli ospedali provinciali – e molto ancora da disegnare. Ma l’iter di confronto sul territorio è partito ed il primo puntino sulla mappa è stato fissato, lo scorso giovedì, su Sassocorvaro, nella provincia di Pesaro Urbino, con un incontro a cui ha partecipato anche il governatore Francesco Acquaroli.


«Siamo in una fase preliminare – spiega la presidente della commissione Sanità Elena Leonardi –: il Piano socio sanitario richiede diversi mesi per essere messo a punto, ma l’impostazione è quella data anche durante la campagna elettorale. Dovremo rivedere il sistema, cercando di dare risposte a quei territori, in particolare dell’entroterra, che si sono visti spogliati dei servizi. Per iniziare, faremo un incontro per ogni Area vasta, dopo il primo organizzato a Sassocorvaro». Ad oggi non ci sono atti ufficiali redatti, a parte le mozioni approvate in serie in Consiglio regionale, lo scorso novembre, per stoppare i progetti degli ospedali provinciali, ingombrante eredità lasciata dalla giunta Ceriscioli. Atti di indirizzo che costituiscono le fondamenta su cui costruire il Piano.

«Dove sarà necessario realizzare nuove strutture perché quelle esistenti non sono più adeguate ai canoni, lo faremo – traccia il perimetro la presidente –: parliamo per esempio di Pesaro, di Macerata. Stiamo lavorando per reperire risorse senza usare lo strumento del project financing che era antieconomico ed avrebbe impegnato i marchigiani per decenni. I nuovi ospedali non saranno più calibrati per assorbire e drenare i servizi distribuiti sul territorio». Discorso che si intreccia con la situazione dell’entroterra, depotenziato dalla riconversione dei piccoli ospedali. 


«Partiamo dal presupposto che vanno ridati dei servizi a queste aree – il primo paletto –, ma dobbiamo trovare la formula giusta per farlo». Se questa è la linea, la normativa nazionale conosciuta come decreto Balduzzi rappresenta indubbiamente un ostacolo, dal momento che fissa le soglie minime per i volumi di attività. La rigida applicazione dell’articolato, con la riconversione dei piccoli nosocomi del territorio in Ospedali di comunità, è costata buona parte del consenso all’ex governatore Luca Ceriscioli. E lo sa bene il centrodestra, che ora cammina in un crinale non semplice. «Non mi focalizzerei sul discorso ospedali chiusi/ospedali aperti – va di diplomazia Leonardi –: noi dobbiamo ridisegnare la nostra sanità a misura delle esigenze odierne e delle possibilità che ci sono».

 

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Corriere Adriatico