Ceriscioli: "In Regione ​un cambio di passo Riforme, avanti tutta. Subito il congresso"

Ceriscioli: "In Regione ​un cambio di passo Riforme, avanti tutta. Subito il congresso"
ANCONA - Una ricetta ben chiara per tagliare drasticamente le liste d’attesa, un progetto completamente nuovo per l’interporto di Jesi, l’appello ai Comuni affinché...

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ANCONA - Una ricetta ben chiara per tagliare drasticamente le liste d’attesa, un progetto completamente nuovo per l’interporto di Jesi, l’appello ai Comuni affinché abbandonino le resistenze residue e favoriscano le unioni comunali, che sono convenienti e portano molti investimenti.




E poi un nuovo, necessario, congresso regionale del Pd, il tema della riforma della scuola promossa senza dubbio a pieni voti e quello della riforma del Senato “che era meglio abolire del tutto”, ma sicuramente ora non è tempo di ripensamenti. “Si deve andare avanti”. Sarà un autunno davvero molto caldo per il presidente della Regione Luca Ceriscioli, che affronta il giro di boa dei primi cento giorni con un pacchetto di azioni già realizzate e tante idee da mettere sul tavolo.



Presidente, partiamo dal dramma dell’immigrazione. Com’è la situazione nelle Marche?

C’è una suddivisione delle quote su scala nazionale. I numeri stanno crescendo ma parliamo di prospettive ben gestibili dalla nostra comunità. D’altronde nella regione tra quelli che sono andati via per la crisi o per altri motivi e i nuovi che sono arrivati il saldo della popolazione è ancora negativo. E abbiamo una grande, riconosciuta, capacità di accoglienza.



Ci sono esperienze positive di integrazione?

Sta funzionando molto bene l’esperienza di chi, in maniera volontaria, ha permesso ai profughi di svolgere lavori socialmente utili. Vederli bivaccare in giro dà fastidio ai cittadini italiani ed è triste per loro. Stare nell’impossibilità di fare qualunque cosa nell’attesa di essere valutati come richiedenti asilo non è piacevole visto che in molti casi si tratta di giovani con tanta voglia di fare e di rendersi utile.



E’ presidente da più di tre mesi. Che Regione ha trovato?

L’ho trovata come l’immaginavo. Non mi posso lamentare affatto perché siamo tra le pochissime realtà che hanno un equilibrio finanziario e questo ha un suo valore spendibile nei rapporti esterni. Forse nelle società partecipate mi aspettavo qualcosina di meglio visto che è sempre stato un vanto la questione della tenuta dei conti.



La sua priorità era cambiare drasticamente la macchina regionale. A che punto è la rivoluzione annunciata?

Pur non avendo potuto mettere in moto tutto quello che avrei voluto in tema di riorganizzazione, visti i tempi tecnici e burocratici più lunghi di quelli che immaginavo, posso assicurarle che il cambiamento è comunque già stato percepito. E quella che oggi è ancora solo una sensazione, seppure già molto chiara, diventerà presto un cambio di passo concreto e visibile.



In che cosa consiste esattamente?

Il cambio di fondo che stiamo facendo punta a valorizzare chi ha numeri e capacità di fare. In passato lo schema era, diciamo così, un pò troppo legato a rapporti o legami personali.



Sono trascorsi i primi cento giorni di mandato. Quali sono i più importanti obiettivi colti?

Beh, intanto tengo a sottolineare la coerenza tra quello che avevamo detto in campagna elettorale e quello che stiamo facendo. Ad esempio sul tema della sobrietà nell’uso delle risorse regionali: abbiamo di recente presentato un piano di riordino degli affitti passivi molto efficace. Senza contare l’abolizione dei vitalizi, il taglio dei costi degli staff e della politica. Tutto è verificabile: basta prendere la tabella degli stipendi pagati ai consiglieri nell’agosto del 2014 e quella dell’agosto di quest’anno. I numeri sono molto diversi... L’altra promessa mantenuta è quella della partecipazione: abbiamo incontrato tutti i sindaci. Noi ci siamo messi a disposizione e la risposta è stata sorprendente. Abbiamo girato tutte le province, verificato e pianificato concretamente l’agenda insieme a loro. E anche i vertici dell’Asur, neo nominati, stanno per chiudere il loro tour nei territori, per una sanità che torna a un dialogo forte con i sindaci.



Nonostante la sanità marchigiana goda di un giudizio positivo nell’ambito del confronto con le altre Regioni, lei ha cambiato tutti i vertici. Non teme di peggiorare le cose?

No, ho cambiato i vertici con l’obiettivo di cogliere un nuovo importante traguardo: quello del taglio drastico delle liste d’attesa. Stiamo lavorando in questi giorni a una delibera che contempla un radicale cambio di mentalità nei rapporti con i territori e il mondo della sanità.



Ci può anticipare qualcosa?

Puntiamo su 43 attività specialistiche e diagnostiche sulle quali riporteremo i tempi di attesa dentro i parametri ottimali indicati dallo Stato e misurati da un cabina di regia che controllerà i dati nella loro progressione fino al raggiungimento degli obiettivi. Il tutto con azioni che coinvolgeranno tutto il mondo della salute: dal medico di medicina generale, che viene investito di un ruolo ancora più importante, ai professionisti che sono dentro le strutture ambulatoriali ed ospedaliere, ai privati... Bene avere i conti in ordine ma vogliamo anche dare la chiara percezione che la sanità sia davvero a disposizione di tutti perché per via delle liste d’attesa, i tempi per alcune prestazioni pubbliche si stavano allungando talmente tanto che alla fine molti cittadini erano costretti a mettere sempre mano al portafoglio.



In che tempi pensa sia possibile tagliare le liste d’attesa?

E’ uno degli obiettivi dei primi 300 giorni che mi sono dato. Cento ne sono già passati, quindi ce ne restano duecento... Ce la faremo! La delibera è pronta, adesso bisogna fare un percorso che prevede il coinvolgimento dei vari attori e poi partiamo.



Ci può fare un esempio pratico? Come pensa di tagliarle le attese?

Porteremo a 12-18 ore l’uso delle macchine, Tac e risonanze ad esempio. Ora lavorano molto meno. Lo faremo con orari aggiuntivi e sezioni di attività straordinaria.



In questi primi mesi lei ha rimesso, un po’ a sorpresa, sul tavolo la carta dei nuovi ospedali. Obiettivo ambizioso. Ce la farà?

Il discorso dell’Inrca, toccando ferro, si è rimesso in moto e sono molto ottimista. Su Fermo abbiamo preso l’impegno di trovare i 30 milioni che mancano non solo per non perdere il finanziamento statale ma anche perché lì l’iter era piuttosto avanti, era stata bandita la gara, ci sono tutte le buste. Sul Salesi abbiamo riaperto il tavolo con Comune e Azienda e sto maturando un’idea di cui però ancora non posso parlare.



C’è il nodo Marche Nord...

Ai sindaci di Fano e Pesaro ho chiesto di mettersi d’accordo. Non ho dato un vero e proprio ultimatum ma avevo detto loro che in questi giorni li avrei richiamati per capire se avessero maturato una soluzione. Li sentirò a breve.



Restano Macerata-Civitanova e Ascoli-San Benedetto...

Coi sindaci di queste due province ho fatto un altro tipo ragionamento. In entrambe non c’è la necessità di unire i due ospedali però è una questione sulla quale fare una riflessione perché per come funziona la sanità, per come andranno avanti le cose, per come si sta organizzando il sistema, prima o poi il problema si porrà. Allora prima ci si mette in moto per accorpare e ottimizzare e prima si avranno benefici. Non siamo, ripeto, nel campo delle necessità ma delle opportunità.



Voltiamo pagina, passiamo alla questione Aerdorica. Cosa ha trovato?

La situazione dei conti era pessima, per tante ragioni, alcune anche al vaglio della magistratura. C’è qualcuno che ancora dice: ma non potete salvarla? No, non possiamo! Non abbiamo neanche più gli strumenti per intervenire direttamente perché le normative prevedono che dopo un tot di anni di passività non si possa più fare.



Qui entrano in gioco i russi...

Sì, questa disponibilità della Novaport, con un investimento importante, è veramente una grossissima opportunità.



Ci crede veramente?

Ci credo, sì. Anche se la strada non è mica in discesa! Ora il Consiglio deve finanziare tre milioni, quindi è importantissimo il passaggio della legge regionale che abbiamo deliberato in giunta poche settimane fa. Poi dobbiamo essere autorizzati dal ministero e anche l’Enav deve dire la sua. Insomma, il cammino è lungo però sono entusiasta perché arrivando in fondo avremo un grande risultato. Ma non solo. Il percorso prevede che la Regione intervenga negli anni con un contributo legato al servizio pubblico che viene svolto. E ciò ci permette di continuare ad intervenire molto di più di quello che avremmo potuto fare al di fuori di questa procedura.



Certo, la Regione conterà pochino però...

Se il contare molto di questi anni è significato portare i marchigiani a Parigi e Londra... beh.. è piacevole andarci, certo, però il valore aggiunto per la nostra economia è stato relativo!



Incontrerà questa settimana il sottosegretario alle Infrastrutture Riccardo Nencini. Che cosa gli chiederà?

I temi sono tanti: parleremo dell’autonomia del porto di Ancona, della Quadrilatero con il necessario completamento delle opere dopo il superamento della società. Manca un anno per chiudere il primo lotto, due per il secondo. E poi vanno fatti tutti i collegamenti trasversali. Voglio affrontare anche il tema della E78, la Fano-Grosseto, per avere una risposta concreta di quello che ci aspetta. Poi il tema della terza corsia autostradale. Il progetto iniziale prevedeva che arrivasse fino a Pedaso, sarebbe già un bel risultato recuperare questo obiettivo. Se poi si può continuare ancora più verso Sud, meglio ancora.



Ma i sindaci sono d’accordo?

Sono dialoganti. L’abbiamo misurato anche nell’incontro fatto sul territorio fermano. E’ logico che tutti si preoccupano di tracciato, sbancamenti, riflessi ambientali. Ma è altrettanto vero che tutti ormai capiscono il valore di quest’opera e l’importante ricaduta che può avere sul territorio. C’è poi la Salaria e il collegamento con la A24.



E l’Uscita Ovest del porto di Ancona resterà un sogno?

Il proponente del project deve consegnare il progetto definitivo, ho visto il nuovo tracciato ed è molto migliorato rispetto al precedente. Sono state accolte tutte le osservazioni che erano state fatte in sede di Via e ci sono quindi le condizioni per arriva all’approvazione.



Presidente, altro nodo è quello dell’Interporto di Jesi? Che fine farà?

Stiamo ragionando sulla collocazione nell’area dell’Interporto di una piattaforma logistica per la sanità marchigiana. Andremo a un unico magazzino farmaceutico e di presidi medici e pensi che attualmente, invece, ce ne sono una quarantina sparsi sul territorio regionale! Inoltre vorremmo concentrare qui tutta l’archivistica, ovvero tutto il materiale cartaceo regionale. Fare un’operazione come questa ci aiuterebbe a riorganizzare, razionalizzare e, allo stesso tempo, a fare un investimento sull’Interporto tale da consentirgli di sopravvivere.



Ci sono ancora molte vertenze aperte e la crisi non allenta la presa. Quali i traguardi colti e da cogliere?

La chiusura dell’accordo Whirpool nei mesi scorsi è stata una bella soddisfazione, un momento positivo. Ora c’è in ballo la vertenza Jp, ex Antonio Merloni. 700 posti di lavoro. Giovedì (domani, ndr.) c’è un incontro a Roma per vedere di sciogliere il nodo bancario. E mi piace ricordare, nel lavoro che stiamo seguendo, il progetto del Piceno per ottenere il riconoscimento di area in crisi con la possibilità di fare un accordo di programma per le imprese che vogliono investire in quel territorio.



Spacca si affidava molto ai sondaggi e sondaggisti per avere il polso della situazione regionale. Lei prosegue su quella scia?

Noi non abbiamo né commissionato né pagato sondaggi né abbiamo intenzione di farlo in futuro. Non abbiamo questa priorità, i pochi soldi che abbiamo cerchiamo di metterli laddove servono veramente.



Lei prima che presidente della Regione è stato sindaco di Pesaro. Che ne pensa della fusione tra Comuni?

Sono molto favorevole al processo di fusione tra Comuni per due ragioni: la prima è che gli enti così funzionano meglio e la seconda è che si liberano risorse importantissime per la questione del patto di stabilità. Ad esempio a Pesaro e Mombaroccio si libererebbero subito 30 milioni e altrettanti potrebbero arrivare da nuovi mutui. Fare mutui... pensi che opportunità! Nei Comuni non si fanno più da anni per via dei vari vincoli.



Ci sono altre ipotesi di aggregazione nelle Marche?

Vedo molta freddezza su questo punto ancora. I sindaci magari chiedono l’aiuto della Regione per avere le quote di patto ma in pochi si muovono per le fusioni. Tuttavia, credo che in questo caso l’esempio valga più di trecento discorsi. Immagini per un attimo quei cittadini che abitano al confine con i comuni che si fondono: di là vedono investimenti, lavori, fervore. Nel loro comune: zero! A quel punto, sono sicuro, i cittadini stessi si interrogheranno.



Veniamo al Pd. Renzi è alle prese con le resistenze della minoranza del partito, che vorrebbe tornare a discutere le riforme. Deve trattare o andare avanti come un treno?

Nel Pd c’è stata una grande fase di confronto e dialogo prima di avviare le riforme. Clamoroso esempio quello della legge elettorale, dove veramente sono state accolte quasi tutte le richieste fatte dalle minoranze. Quando però poi si prende una decisione e si arriva al dunque non si può riaprire il discorso e rimettere in discussione tutto di nuovo.



In questi giorni si parla tanto di Senato: elettivo sì o no?

C’è un errore che, secondo me, ha fatto Matteo Renzi: doveva proporre l’abolizione tout court del Senato. Nessuno a quel punto avrebbe potuto dire, anche a distanza di mesi: no, manteniamolo! Invece come si lasci un margine, un piccolo spazio per la trattativa ecco che c’è qualcuno che chiede di riaprire il dossier.



Ma secondo lei Renzi a questo punto deve andare avanti.

Sì, senza alcun dubbio.



Dal Pd nazionale a quello regionale. Congresso sì o no?

Io a Comi l’ho già detto chiaro e tondo: il partito regionale ha bisogno di un nuovo congresso, se non altro per coinvolgere di nuovo negli organismi tutto il partito, anche quello rimasto fuori la scorsa volta. Ma occorre andare a congresso in un clima diverso da quello che ha generato i problemi del passato. Non va vissuto come una rivincita di qualcuno ai danni di qualcun altro ma come strumento della politica per scegliere i propri dirigenti. Vorrei che ci fosse un forte dialogo e mi piacerebbe che fosse lo stesso segretario a convincersi che questa è la strada giusta, accompagnando così con forza il partito verso un congresso maturo e sereno.



Non un congresso contro Comi quindi...

Assolutamente! Cadremmo negli stessi errori del passato. Ripeto, non abbiamo bisogno di un congresso contro, ragioniamo sul congresso come strumento utile per aprire una fase positiva di rilancio e coinvolgimento dentro il partito.



L’ex presidente del Consiglio Solazzi ha giudicato l’azione del governo regionale “di una pochezza disarmante”. Che replica?

Si commenta da solo.



In arrivo un’altra infornata di nomine, stavolta nelle società partecipate. Come si comporterà?

Cambio tutto anche lì. Per ora non dico di più però.



Tra le questioni aperte dalla riforma della Buona Scuola c’è quella della cosiddetta deportazione degli insegnanti. Lei, da prof, dà ragione ai suoi colleghi o al Governo?

Ho conosciuto non sa quanti insegnanti che per entrare di ruolo sono andati, in passato, in Trentino, in Campania, in Sicilia... laddove c’era bisogno. E immagino questi, che hanno fatto enormi sacrifici per un posto fisso, quando sentono i discorsi sulla deportazione...



Hanno dunque torto i precari a lamentarsi...

Certo! Ho l’impressione che vivano in un altro contesto, che non abbiano capito il momento che vive il nostro Paese. Senza contare che quello del prendere le valigie e partire è un tema che oggi, nel mondo del lavoro, riguarda moltissime persone. In un momento difficile, come questo, si va a trovare il posto laddove c’è, è chiaro che lo Stato ti assume per dove ha bisogno! Quello di questi insegnanti mi sembra un modo di vedere le cose concentrato solo su se stessi senza allargare lo sguardo su quello che è successo intorno nel frattempo. L’unico problema è che prima i trasferimenti si facevano da giovanissimi per poi tornare a casa con l’avanzare della carriera. Gli insegnanti di cui stiamo parlando vengono già da un lungo precariato e viene chiesto loro di spostarsi in un contesto più consolidato, in un’età diversa. Ma oggi, purtroppo, un po’ di capacità di adattamento, nel mondo del lavoro, bisogna che ce la mettiamo tutti quanti!



Lunedì ricomincia la scuola. Tornerà in classe, magari solo per salutare i suoi ex alunni dell’Itis?

Doveva essere una sorpresa... Vabbè... sì, sarò ad Urbino. Ad augurare a loro e a tutti buon anno scolastico. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico