Dalle liste di attesa alla mobilità. La sanità marchigiana in apnea: che facciamo?

Dalle liste di attesa alla mobilità. La sanità marchigiana in apnea: che facciamo?
ANCONA Da solo vale l’80% del bilancio regionale. È il capitolo più importante con cui deve fare i conti un’amministrazione e fallire qui, di fatto,...

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ANCONA Da solo vale l’80% del bilancio regionale. È il capitolo più importante con cui deve fare i conti un’amministrazione e fallire qui, di fatto, vanifica i buoni risultati che magari sono stati ottenuti in altri settori. E, ben più importante, impatta negativamente sulla salute dei cittadini. Parliamo della sanità, deragliata dopo il biennio nero del Covid e che ora fatica a rimettersi sui binari giusti. Una crisi generalizzata che investe l’intero Paese, non solo la nostra regione. Ma alcune criticità - in parte croniche, in parte peggiorate nell’ultimo periodo - stanno diventando peculiari del territorio. 

 


Le mosse della giunta

Per aggiustare il tiro, la giunta Acquaroli ha scommesso tutto sulla riforma dell’organizzazione sanitaria - con l’azzeramento dell’Asur e la creazione delle 5 Ast provinciali - varata lo scorso agosto e sul Piano socio sanitario, stilato sulla base dello studio commissionato dall’Università Politecnica delle Marche. Ma per vedere i risultati - se davvero ci saranno - serve tempo e intanto le falle restano. A partire dalle liste d’attesa andate fuori controllo. Il rapporto della Fondazione Gimbe secondo cui le Marche hanno recuperato solo il 54% delle prestazioni sanitarie saltate nell’era Covid - andando molto peggio della media nazionale - certifica quello che era già evidente nella pratica. Certe prestazioni sono diventate un miraggio: per una mammografia programmata si deve aspettare anche un anno; colonscopie, ecografie e test cardiovascolari sono troppo spesso un’utopia. E questo, oltre a generare un disservizio evidente, ha un effetto collaterale: spinge i marchigiani a cercare oltreconfine le prestazioni che non trovano qui, alimentando una mobilità passiva da sempre spina nel fianco della sanità regionale, soprattutto a nord, e che ogni anno ci costa 40 milioni di euro. Soldi fondamentali per garantire alti standard nei servizi e che aiuterebbero a mettere una toppa alla voragine lasciata sui conti dal Covid e dai rincari. La pandemia ha aperto un buco da 31 milioni di eruo nel 2021 e, nel 2022, per luce e gas sono stati spesi 33 milioni in più. Non esattamente spiccioli. C’è poi l’altro capitolo altamente critico per la sanità: la carenza di personale. Un problema causato da decenni di programmazioni sbagliate a livello nazionale e che ora si traduce in un’emergenza per le Marche. Soprattutto se si considera che, per rendere operative le 29 Case della comunità, i 9 Ospedali di comunità e le 15 Centrali operative territoriali da realizzare con i fondi del Pnrr, serviranno 2272 figure aggiuntive. Dove le troviamo se già ora il Sistema sanitario regionale è in estrema sofferenza?

L’emergenza

Stando ai dati aggiornati all’inizio del 2023, nella nostra regione mancano 150 medici di base, circa 70 medici del 118, 200 infermieri e oltre 90 dottori del Pronto soccorso. La Regione ha bandito un concorso per arruolare 46 medici dell’Emergenza/Urgenza, ma se anche non andasse deserto come accaduto in precedenza, non risolverebbe il problema. E ciò crea una stortura aggiuntiva: l’ingiustizia del ricorso sempre più massiccio ai medici a gettone - reclutati nei Ps per coprire i turni - che guadagnano il triplo degli strutturati, pur gestendo solo i codici bianchi e verdi, e non lavorando nel weekend. Troppi fronti aperti, e la sanità va in apnea. Che vogliamo fare?

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Corriere Adriatico