Gambini Meccanica, parla il presidente: «La figura che serve non esiste, i ragazzi li formiamo direttamente in azienda»

Gambini: «La figura che serve non esiste, i ragazzi li formiamo in azienda»
Crescono le difficoltà per le imprese di reperire le figure professionali adatte. Nelle Marche, meno della metà dei profili professionali disponibili coincidono con...

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Crescono le difficoltà per le imprese di reperire le figure professionali adatte. Nelle Marche, meno della metà dei profili professionali disponibili coincidono con quelle che servono alle imprese (53,5% dei casi).


Luigino Gambini, presidente della Gambini Meccanica, azienda specializzata a Pesaro nella produzione di organi di trasmissione meccanici ad alta precisione: anche lei incontra questa difficoltà? 
«Come tutte le altre aziende, anche noi non troviamo le figure professionali di cui abbiamo bisogno».

 


Da quanto si pone questo problema?
«Ad aprile abbiamo celebrato i 45 anni della fondazione dell’azienda: appena ho iniziato ad assumere ho dovuto occuparmi della formazione delle persone che integravo nel ciclo produttivo. Oggi siamo un’azienda tecnologicamente avanzata e all’avanguardia, abbiamo una settantina di dipendenti e rispondiamo industrialmente a tutte le richieste dei nostri clienti in Italia e nel mondo. Serviamo più di 50 paesi».

Come ha risolto?
«Le figure di cui abbiamo bisogno non esistono. Cerchiamo ragazzi che hanno un diploma professionale, che sono periti meccanici e hanno voglia di lavorare ma più di tutto di imparare e le formiamo. Purtroppo, non esiste più l’apprendistato adatto, spetta a noi imprenditori trovare il modo per farlo».

Come?
«Creando una scuola interna all’azienda e collaborando con gli istituti scolastici».

Quale è il format applicato dalla Gambini Meccanica?
«Abbiamo accordi con gli Istituti tecnici di Fano, Urbino, il Benelli di Pesaro. I professori vengono fisicamente nella nostra azienda per seguire lo stage e i ragazzi hanno una formazione teorica e poi, con il loro tutor, provano virtualmente i vari programmi. Ma è anche fondamentale preparare il ragazzo a quello che sarà il suo ruolo reale in azienda».

Può spiegare meglio?
«Le giovani generazioni sono abituate a lavorare solo con i mezzi digitali. Ma la nostra realtà industriale richiede al momento della produzione persone in grado di studiare le attrezzature giuste che servono per fare le lavorazioni. Si tratta di un mercato di nicchia che ci rende non dico unici ma rari e il nostro compito è di trovare la soluzione perfetta al problema. Il che richiede persone qualificate». 

Qual è la sua ricetta, dunque?


«Chi ama la propria azienda deve investire sul futuro e l’imprenditore deve avere fiducia nelle nuove generazioni. Sono le nostre idee, le nostre esperienze e le risorse umane che fanno che le nostre imprese non siano copiabili ed esportabili».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico