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ANCONA - Succede che all’improvviso anche Roma si accorga delle Marche e dell’isolamento in cui sono state relegate da mezzo secolo. E quando succede, come è accaduto con il ministro Giorgetti intervenuto al Micam, la reazione è immediata e deflagrante. L’affondo dei big dell’economia chiamati ad intervenire in merito, lascia poco spazio alle interpretazioni. È importante che ogni tanto anche le Marche compaiano sull’orizzonte delle stanze del potere: e le 96 pagine di inchiesta del Corriere Adriatico sulle infrastrutture sono la testimonianza diretta di questo incredibile abbandono.
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«Le Marche sono una delle regioni più irraggiungibili d’Italia». Le parole pronunciate domenica dal ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti al Micam non sono suonate come una rivelazione della sibilla a chi il territorio lo vive tutti i giorni. L’A14, che proprio nel sud della nostra regione diventa collo di bottiglia d’Italia; l’alta velocità su ferro, poco più di un lontano miraggio; un aeroporto che, dopo una lunga storia di disastri, stava per rialzarsi ma viene rimesso in ginocchio dal Covid.
I punti ciechi
Sono solo alcuni dei punti ciechi a livello infrastrutturale con cui le Marche devono scontrarsi quotidianamente. Nell’estate del 2020, il Corriere Adriatico ha prodotto un nutrito dossier su tutti i nodi da sciogliere per far uscire la regione dall’isolamento. Un isolamento tanto più incomprensibile se si considera la posizione geograficamente baricentrica che occupa. Ma appurato che ci sia un problema da risolvere – e finalmente ne prende atto anche un membro di peso del governo –, ora che si fa? Qual è la soluzione? Bene ci aiuti lei signor ministro.
«A Giorgetti vorrei dire: aiutateci ad avere gli slot per Milano e Roma - inquadra subito una delle principali falle nei collegamenti Francesco Merloni, il grande saggio dell’imprenditoria made in Marche -.
Peccato però che le Marche parlino per voce di cinque Confindustrie diverse e a sé stanti. Una disgregazione che non aiuta: «se fossimo uniti, l’azione di lobby sarebbe sicuramente più efficace», l’osservazione del dg. Il presidente di Confindustria Marche Claudio Schiavoni smarca invece il settore: «su questo tema non si possono incolpare gli imprenditori. Il nodo dei limiti infrastrutturali è politico, noi possiamo farci poco. Ma se finalmente abbiamo trovato un ministro pronto a sedersi e ad ascoltare le nostre istanze, bene: abbiamo la lista della spesa pronta. Intanto, mi fa piacere che qualcuno se ne sia accorto», ironizza il numero uno degli industriali marchigiani.
Non avere infrastrutture materiali e di rete ci penalizza: oggi sopravvivono solo le imprese che esportano e noi non riusciamo ad uscire dalla regione. I risultati si ottengono se si lavora insieme: politica ed imprenditori devono far arrivare le istanze a chi ha potere decisionale, così da portare a casa quanto più possibile».
In questo senso, traccia il perimetro delle istanze che non si possono mancare Alvaro Cesaroni, presidente della Sigma: «arretrare la A14 e, con essa, anche la ferrovia, così da poter agganciare l’alta velocità, e far funzionare l’aeroporto». Trittico gomma-ferro-avio ricorrente nei desiderata degli imprenditori. «Dovremmo essere concordi nelle soluzioni, arrivando a un documento unitario di priorità infrastrutturali per le Marche, con la Regione a fare da punto di riferimento. Invece, spesso si va in ordine sparso: chi vuole la Pedemontana, chi le trasversali. Così, cogli qualche obiettivo locale, ma non si risolve il problema».
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