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ANCONA - Fa un certo effetto vedere Marche e Umbria nella seconda metà della classifica di Fondazione Symbola e Unioncamere sulle imprese che hanno investito nella green economy: quelli che, nell’immaginario collettivo, sono (o si auto-considerano?) i polmoni verdi dell’Italia si trovano nel gruppone delle regioni del Sud Italia, con la Puglia fa nettamente meglio. Sono 8.806 le imprese marchigiane segnalate nella ricerca, il 6% delle oltre 500 mila attive nella regione.
Sotto la media italiana
Oltre due punti percentuali e mezzo sotto la media italiana; il Molise ha una percentuale di incidenza più che doppia rispetto alle Marche (13,5%, anche se con meno imprese), ma il segnale più forte arriva dalle regioni traino dell’economia nazionale: in Lombardia sono l’11,1% del totale, in Piemonte il 10,6%, in Veneto il 9,7%. E qualcosa vorrà significare soprattutto sullo stato di avanzamento della transizione verde in chiave PNRR.
Un nuovo modello
«Nell’impresa verde ognuno deve fare la sua parte: certamente le istituzioni, ovviamente gli attori privati ma anche la finanza».
Oltre il bla-bla-bla
Nonostante i numeri (bassi) di chi si è spinto sulla strada del green non mancano gli esempi virtuosi, gli imprenditori coraggiosi che credono e investono nella sostenibilità e nell’economia circolare. Buone pratiche che possono generare un effetto trascinamento. Ad esempio, alla Western Co. di San Benedetto del Tronto, dove la digitalizzazione è al servizio delle comunità energetiche; o nel caso della Starplast di Sassocorvaro, che fa leva sull’innovazione per trovare soluzioni efficienti nel mercato della depurazione delle acque e del loro trattamento e recupero sia nel settore industriale che in quello civile. E poi la Faam di Monterubbiano, unica compagnia al mondo in grado di provvedere al ciclo di vita completo delle batterie piombo-acido; gli startupper della Wizard di Castelfidardo, che hanno messo a punto un prototipo di compattatore di rifiuti innovativo.
Verdi per eccellenza
«La nostra scelta l’abbiamo fatta nel 2015, diversi anni prima che si cominciasse a parlare di transizione ecologica e di fabbrica 4.0». Sara Santori guida la Conceria Nuvolari di Monte Urano, un’impresa benefit, cioè che genera profitto impegnandosi contemporaneamente a creare un impatto positivo sulla società e sull’ambiente. Possibile per una conceria? «Sì, con investimenti e utilizzando competenze – risponde -. Abbiamo prima tolto i minerali pesanti dal processo di concia, poi messo punto materiali sempre più compostabili e biodegradabili, ottenendo le certificazioni necessarie, fino ad affinare processi di composizione delle emissioni di CO2 e a divenire carbon neutral».
A Rimini, in occasione di Ecomondo, l’azienda ha presentato un prototipo di scarpa totalmente compostabile, realizzata in collaborazione con un suolificio della Val di Chienti. Un cambiamento radicale e non solo per il comparto della calzatura: innovare in direzione della green economy non è una questione di leggi e norme, dunque, ma un fattore di competitività.
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