Pandemia e guerra, allevatori in ginocchio per i continui rincari di energia e mangimi

Una stalla delle Marche
ANCONA - Pandemia e rincari energetici hanno e stanno assestando duri colpi. Ora anche i venti di guerra a incidere pesantemente sui prezzi per gli approvvigionamenti di mais e...

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ANCONA - Pandemia e rincari energetici hanno e stanno assestando duri colpi. Ora anche i venti di guerra a incidere pesantemente sui prezzi per gli approvvigionamenti di mais e soia. A cui fa da contraltare la discesa dei prezzi di vendita delle carni macellate.

Maggiori spese, minori ricavi. «È sempre più dura resistere e andare avanti» affermano gli allevatori marchigiani. Centinaia di aziende che seguono in tempo reale l’evolvesi della situazione, con un occhio ora anche a quel che succede a Est.

 

«La guerra tra Russia e Ucraina ci preoccupa molto perché si aggiunge ad una situazione peggiorata nel tempo tra sanzioni e crisi pandemica» afferma Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche. 


I rischi
«A rischio ci sono l’export – aggiunge la presidente – e tutto ciò che riguarda l’energia e i mezzi tecnici con rincari che colpiscono tutti i settori: il florovivaismo con gli aumenti di carta e plastica del packaging e del riscaldamento per le serre, la zootecnia per l’acquisto delle granaglie per i mangimi, la pesca per l’aumento del gasolio con molti pescherecci che preferiscono non uscire per non lavorare in perdita. Come Coldiretti la risposta più immediata che possiamo dare è chiedere di sbloccare velocemente le risorse nazionali ed europee per fornire subito liquidità alle imprese». 


I prezzi
L’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Se il 25 gennaio una tonnellata di semi di soia nazionale costava 593 euro il 22 febbraio veniva pagata 637 euro, mentre una tonnellata di farina di estrazione di soia nazionale è passata dai 511 euro di fine gennaio ai 548 di febbraio. Per quanti riguarda il grano duro il riflesso sta nell’aumento dei costi di produzione con rincari di oltre il 50% per il gasolio, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che arrivano anche a triplicare.

«Nel lungo periodo – conclude la presidente Gardoni – dobbiamo rivedere le politiche energetiche del Paese e in questo l’agricoltura può fare la sua parte: oltre ai tetti dei fabbricati per ospitare i pannelli fotovoltaici è possibile arrivare, attraverso l’utilizzo degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti, alla realizzazione di impianti per la distribuzione del biometano, generando così un ciclo virtuoso di gestione delle risorse». 


A rincari fa da contraltare la discesa dei prezzi nella vendita della carne: -30% per gli animali piccoli, -15-20% per quelli grandi. «La somma di fattori negativi ci sta massacrando» sospira Valentina Pacioni che con Arianna, Ramona e Gloria Pacioni porta avanti la Società Agricola Pacioni di Passo Sant’Angelo nel maceratese.

«Riusciamo a contenere l’aumento dei prezzi dei mangimi perchè seminiamo e raccogliamo quello di cui abbiamo bisogno - afferma Valentina Pacioni - mentre i rincari energetici si stanno facendo sentire. La filiera della trasformazione della carne è corta perche facciamo tutto noi e una parte viene destinato al nostro punto vendita. Ma il resto è sottoposto alle oscillazioni del mercato e ora i prezzi sono in ribasso».

Aziende esposte inoltre ai grandi scossoni internazionali. «La siccità che ha colpito il Brasile potrebbe comportare un calo delle produzioni mondiali di cereali per la zootecnia e quindi ulteriori costi - afferma l’imprenditrice - Noi dobbiamo continuare a garantire un prodotto il più possibile locale sperando che la situazione si stabilizzi quanto prima».

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Corriere Adriatico