Le Marche si spopolano: siamo meno di 1,5 milioni. Non succedeva da 20 anni

Le Marche si spopolano: siamo meno di 1,5 milioni. Non succedeva da 20 anni
ANCONA - Il cono d’ombra si dilata. Le Marche, da sempre isolate sul fronte delle infrastrutture, come per effetto-domino si spopolano. Si torna indietro di vent’anni....

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ANCONA - Il cono d’ombra si dilata. Le Marche, da sempre isolate sul fronte delle infrastrutture, come per effetto-domino si spopolano. Si torna indietro di vent’anni. Il bilancio demografico dell’Istat ad agosto fissa i residenti a quota 1.483.076. Le femmine sono 759.971, i maschi 723.105. Fino al 2019 questa terra era abitata da oltre un milione e mezzo di anime.

 

Da allora la curva iniziò a piegarsi, per ritrovarsi sul punto minimo del 2002 quando si contavano 1.484.601 marchigiani. E non è certo la mancanza di attrattività della regione che determina questo andamento in caduta libera. Lo decreta un passaggio-chiave: gli iscritti all’anagrafe che arrivano da un altro comune sono 3.147, quelli cancellati sono 2.902. In sintesi, il saldo migratorio interno è preceduto da un segno positivo: + 245. Sono più i cittadini in entrata che quelli in uscita.


Il tarlo 


Tornando alla contabilità in perdita, i nati sono 837, mentre i morti 1.460, il che stabilisce una differenza di meno 623. Ed è qui che s’insinua il tarlo della decrescita demografica, amaro denominatore comune dell’Italia tutta: la denatalità spinta è un fenomeno che ha iniziato la sua inarrestabile avanzata una quarantina di anni fa. Il record negativo in Europa è tutto nostro. Per comprenderne gli effetti deflagranti è necessario riflettere su un dato. Affinché sia pari a zero, il saldo naturale anagrafico, è necessario che il tasso di natalità, ovvero il numero di figli per donna, sia maggiore di 2: a livello nazionale si è appena all’1,2. Nelle Marche non va certo meglio e inoltre è, tra i territori del Belpaese, quello più anziano. Una vera zavorra, che non dovrebbe cogliere impreparati. L’Istat non si limita infatti a scattare l’istantanea del momento, ma da tempo si preoccupa di convertire le sequenze periodiche di numeri in proiezioni. Previsioni. 


Le proiezioni 


Allungando lo sguardo, il cono d’ombra pare un baratro. Nel prossimo decennio, per l’Istituto nazionale di statistica, in questo contesto di calo generalizzato saranno pochissime le aree che riusciranno a mantenere stabile la popolazione e ancora meno quelle che saranno in grado di aumentarla. Stringendo il campo d’osservazione, nelle Marche dal 2021 al 2031 si avrà una perdita di oltre 50mila residenti. È come se sparisse dai radar una città come Macerata. Fissando l’obiettivo sul livello comunale, sempre secondo l’Istat, nella prossima decade Ancona passerà dagli attuali 99mila residenti a 96 mila; Ascoli Piceno da 46mila a 42mila; Fermo da 36mila a 34mila. 


La riduzione 


Solo Pesaro resisterà agli attacchi: nello stesso arco temporale, sarà l’unico capoluogo che manterrà costante il numero dei suoi cittadini. Per i comuni delle aree interne le previsioni sono persino più negative: la loro riduzione sarà più accentuata della media, sia per effetto del saldo naturale negativo, la differenza fra nascite e decessi, sia per quello migratorio, che è più spiccato nell’avversità. Dovuta parentesi: l’effetto del terremoto dovrebbe essersi innescato in un processo di grande fuga che s’era già consolidato nel tempo. Uno spopolamento, che le politiche per le zone rurali si propongono di arrestare o almeno di controbilanciare. Un’illusione scritta nelle cifre.

 

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Corriere Adriatico