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ANCONA - Prendete gli asili nido, per esempio. Sempre che riusciate a trovare un posto dove iscrivere i vostri figli, state attenti alla spesa e al portafoglio. Perchè nelle Marche costa caro: una media di 1.140 euro a bambino, cifra tra le più alte a livello italiano. «Un lusso per pochi», sottolinea Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche, analizzato i dati relativi agli asili nido nella regione.
Asili nido nelle Marche, pochi e tra i più cari in Italia
Secondo gli ultimi dati dell’Istat elaborati dall’Ires Cgil Marche, nelle Marche i posti disponibili in asili nido, micronidi o sezioni primavera (pubblici o privati) sono 8.515, a fronte di una popolazione residente 0-2 anni di 30.428 bambini.
Dunque, asili nido poco accessibili anche in termini di costi: i dati evidenziano che le Marche, dopo la Basilicata, sono la regione dove le famiglie partecipano di più alla spesa complessiva per i nidi, con il 20,8% della compartecipazione. Nella regione, infatti, si osservano bassi livelli di spesa media per utente a carico dei comuni: 4.352 euro per utente, ben al di sotto dei 6.798 euro medi al livello nazionale e dei 7.900 euro delle altre regioni del Centro. Un dato oltretutto in diminuzione rispetto al 2019.
La spesa media delle famiglie per bambino è di 1.140 euro, cifra fra le più alte a livello italiano.
Donne penalizzate nel mercato del lavoro
Questi fattori hanno delle ripercussioni anche nel mercato del lavoro, in particolare per le donne. In base ai dati forniti dall’Istat, elaborati dall’Ires Cgil Marche, nel II trimestre 2022 nella regione si registrano 167 mila donne inattive di cui 20 mila potenzialmente occupabili. Tra queste ultime, il 79,5%, cioè una platea di 16 mila unità, non cerca lavoro ma sarebbe disponibile a lavorare. I motivi familiari (cura di figli e/o adulti non autosufficienti, maternità, nascita di un figlio) sono molto spesso una delle cause principali dell’inattività delle donne (34,9% dato nazionale).
Secondo Rossella Marinucci, segretaria regionale Cgil Marche, «è urgente definire un piano regionale che favorisca la piena e buona occupazione, in particolare per le donne. Per invertire i dati sull'occupazione femminile, va ripensata l'organizzazione del lavoro attraverso una riduzione e redistribuzione degli orari lavorativi e garantendo accesso pubblico e gratuito a servizi e strutture».
Dunque, come sottolinea Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche, «la cura della comunità deve diventare la priorità dell’azione pubblica e su questa scia dobbiamo ripensare sia il sistema educativo sia il lavoro delle donne. Con aiuti fiscali e asili nido adeguati, i paesi dove ci sono politiche di questo tipo, sono quelli in cui si fanno più figli e dove la partecipazione femminile e la produttività economica sono tra i più alti».
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Corriere Adriatico