La notte di Mancini campione: «Grazie Jesi, speriamo ci siano altre serate belle come questa»

La notte di Mancini campione: «Grazie Jesi, speriamo ci siano altre serate belle come questa»
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JESI - Poco più di dieci minuti alle 22 quando Andrea e Giulia, giovani calciatore e calciatrice dell’Aurora, portano sul palco la Coppa Europa. Poteva stare a Londra, coccolata dai Reali d’Inghilterra. Invece è al PalaTriccoli, portata a Jesi da Roberto Mancini, un figlio del Prato, uno dei suoi quartieri più popolari e veraci, partito dall’Aurora per conquistare il grande calcio. Subito dopo il boato dei mille e 300 del palas – pubblico consentito dalle norme anti-Covid- è per il Mancio che arriva, sorride vicino alla Coppa e poi si siede, col conduttore Marino Bartoletti. E l’intensità dell’ovazione la superano, poco dopo, solo il richiamo e l’immagine sullo schermo di babbo Aldo e mamma Marianna.

 


L’ambasciatore di Jesi
È la festa per Roberto Mancini, Campione d’Europa e da ieri anche “Ambasciatore di Jesi” - onorificenza che gli viene consegnata a fine serata dal sindaco Massimo Bacci - oltre che testimonial di una terra, le Marche. Come ricordato in apertura dal governatore Francesco Acquaroli e dall’assessora Giorgia Latini. E testimonial dello sport delle Marche, che tanto peso hanno avuto in un’estate di trionfi azzurri calcistici, olimpici, paralimpici, come evidenzia il presidente del Coni regionale, Fabio Luna. «Sono andato via giovanissimo da questa città e mi è mancata un po’- ricorda alla stampa e poi sul palco Mancini- la terra dove nasci, la porti nel cuore. Una terra, le Marche, in cui c’è tutto e ci sono persone perbene. Sono stato a lungo lontano, da Genova non era così comodo tornare a Jesi. Sono stato ripagato dalle fortune che ho avuto, nel calcio e non solo. Ora ho più tempo e da un po’ di anni torno più spesso, da mamma e babbo. Rivedo la famiglia, gli amici. Una città che ho amato sempre».


Una notte magica
Ci sono il “popoppopo” e Notti Magiche. Ci sono le foto: il Mancio bambino sulla bici con le rotelle, poi con la sua classe di prima elementare: grembiule, fiocco e la maestra Bevilacqua. «Non c’era la strada all’epoca lì nel quartiere- è la storia di Mancini- era chiuso e giocavamo davanti alla parrocchia. Ora hanno fatto un murale e ci sta bene, è lì che sono nato e ho giocato a calcio da bambino. E fa piacere, questo titolo di Ambasciatore di Jesi, perché viene da una grande impresa che ha fatto felici tutti gli italiani. 


Vivere nella normalità


Tutti dovrebbero poter esserlo, dopo un anno e mezzo così: si può tornare a vivere, alla normalità, ad essere felici con il proprio lavoro, la propria famiglia, i propri amici». Sfilano le immagini – la Samp che festeggia lo scudetto “mascherandosi” dal gruppo rock degli Europe- si affollano i ricordi. Come quello commosso e doveroso di Michele Scarponi. Si saluta, in sala, un possibile prossimo nuovo Ct azzurro jesino, Stefano Cerioni che potrebbe tornare a guidare l’Italia del fioretto. Due giorni fa, i 40 anni dell’esordio di Mancini in Serie A con la maglia del Bologna nel 1981. Cosa resta di quel Mancini partito da Jesi? «Io credo che ognuno di noi resti un po’ il bambino che era» dice il Mancio. E allora, si era iniziato coi bambini e coi bambini si finisce, chiamati sul palco dal Ct per una foto con la Coppa Europa. «Grazie a tutti per tutto questo e questa bella serata. E speriamo possano essercene altre- chiude Mancini- magari, chissà, nel gennaio 2023». Proprio dopo i Mondiali in Qatar, dicembre 2022. 

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Corriere Adriatico