ANCONA - La misura è colma. Le parole che hanno preceduto lo strappo di Renzi davano il senso dell’insofferenza. «Faccio un appello all’unità del...
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Taglia corto e sfrutta la velocità di reazione di facebook il segretario regionale Gostoli: «Sono Pd e non torno indietro». Niente di nuovo sul fronte: non è la prima volta che il partito nelle Marche aggrega sulla leadership del momento almeno il 70% dei consensi. Tant’è che il consigliere regionale Fabio Urbinati commenta tutto d’un fiato la mossa dell’ex premier: «Sono capogruppo dei democrat in Regione e attualmente sto dentro questo ruolo». Poi, frena: «Vedremo nelle prossime settimane, in particolare alla Leopolda (il convegno politico ideato da Renzi, ndr), a cui parteciperò per la decima volta». Non si scompone: «L’operazione era nell’aria anche se mi ha colto di sorpresa. Io sono stato un renziano della prima ora e sono capogruppo del Pd in Regione, un ruolo molto importante». Allontana pure l’idea che possano esserci ripercussioni in vista delle prossime regionali. «Non farei drammi». E la chiude lì.
Non è fuori, perché, come fa notare, non c’è un fuori. Il gioco di parole è a cura di Piergiorgio Carrescia. È lui che ha raccolto le firme per le primarie nel centrosinistra in contrapposizione alla posizione dell’attuale maggioranza Pd, che vorrebbe la tacita riconferma di Ceriscioli, governatore uscente e sostenitore del segretario Zingaretti. «Per ora continuo a stare dentro ma anche io, come altri, sto riflettendo sul nostro ruolo all’interno di un partito che sta cambiando pelle». L’ex deputato anconetano ammette: «La decisione di Renzi era nell’aria, penso che sia stata coraggiosa e onesta, perché nel momento in cui si è reso conto che era più sopportato che accettato ha fatto una scelta molto più corretta di chi, in passato, è rimasto facendo fuoco amico contro i segretari in carica». Prende tempo: «Vediamo se ci sarà un’agibilità politica».
Anche l’ex deputato dorico Emanuele Lodolini parte dalle certezze: «La mia uscita oggi non è all’ordine del giorno. Resto. E mi impegnerò fino alla fine, con determinazione per l’idea originaria di un Pd a vocazione maggioritario, ovvero in grado di parlare a tutta la società, non solo ad alcuni». Poi, aggiusta il tiro: «Se invece dovesse tornare a rinchiudersi in un recinto identitario, rischio che avverto, e dovesse riaprire porte e finestre a quanti sono usciti, farò le mie valutazioni del caso».
L’inciso: «Sono stato un renziano della seconda ora. Averlo sostenuto significa aver sostenuto una stagione di grande cambiamento nel Paese». Patti chiari. Tanta logica e pochi proclami. La parola passa a Federico Talè, consigliere Pd delegato alla Sanità: «È tutto da vedere. Quando uno litiga non è questione di torto o di ragione. Io dico che il segretario Zingaretti non ha saputo tenere dentro il Pd Calenda e Renzi, e che loro non hanno saputo starci». Lineare. Come Maurizio Mangialardi, presidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni. Va dritto al punto: «Sto con il Pd». Non perdona: «La mossa dell’ex premier? Un grande, incomprensibile errore».
Così i sindaci
Nota a margine, e neppure tanto. Nessuno dei tre sindaci delle città capoluogo è renziano: non lo sono Mancinelli ad Ancona e Carancini a Macerata, che alle primarie per l’elezione del segretario hanno sostenuto Martina. E non lo è Ricci, a Pesaro, che proprio con la Morani fu uno dei primi sostenitori dell’allora sindaco di Firenze. «L’idea di una divisione di, o da, Renzi è folle - scrive Ricci su twitter - tornare a Ds e Margherita, come alcuni immaginano da tempo, sarebbe la fine del Pd e forse anche del nuovo governo. Aggregare, non dividere». Un motto rivisto e corretto dal primo cittadino dorico. Che dice: «Non esco dai dem. Ma c’è un tema aperto per il Pd e per tutti quelli che stanno tentando, anche con altre iniziative, di rispondere: cosa può e deve essere un soggetto politico progressista del terzo millennio?». Dilata gli orizzonti, fino a ridurre a un granello nell’universo gli individualismi. Fino a sfoderare il più serafico dei “guarda e passa” sul caso del suo portavoce - Francesco Fiordomo, ex sindaco di Recanati - andato (sembra) dalla parte di Renzi. «Rispetto le sue posizioni. Non viene meno la stima sul piano personale e politico».
Non è renziano, ma lapidario sì. Il governatore Luca Ceriscioli il suo pensiero lo incide a fuoco: «Un errore». Non allenta la presa: «In virtù delle scelte fatte poche settimane fa, con l’impegno di Zingaretti di tenere il Pd coeso su una opzione complicata e di grande responsabilità, mi sembra veramente una grande contraddizione aprire questo passaggio». Restringe l’obiettivo: «È chiaro che la scelta di Roma non aiuta neppure nelle Marche. Anche qui avremmo preferito un Pd unito e coeso».
D’accordo su tutta la linea, il presidente del Consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo segue il ragionamento del governatore: «Un grave errore, una scelta che non condivido, fatta in un momento delicatissimo per la vita politica italiana». Oltre misura.
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Corriere Adriatico