Personale sanitario no-vax, la Regione chiede ai dg delle aziende chiarimenti sugli operatori ancora senza dosi

E' caccia al personale sanitario delle Marche che non si è vaccinato
ANCONA - Il tempo è scaduto e la materia scotta. Con un decreto legge approvato il venerdì prima di Pasqua, la questione degli operatori sanitari no vax da spostare...

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ANCONA - Il tempo è scaduto e la materia scotta. Con un decreto legge approvato il venerdì prima di Pasqua, la questione degli operatori sanitari no vax da spostare a mansioni lontane dai pazienti balla sul filo del rasoio.

 

In ordine sparso: ci sono le aziende sanitarie che sventolano i pareri del Garante e aspettano l’editto dalla Regione, gli integralisti duri e puri in corsia (pare rimasti in pochi: si parla di un 2-3% del personale), gli integralisti che invece si guardano intorno, le Regioni che annusano l’aria in conferenza Stato-Regioni in attesa del kamikaze di turno che sfidi la gragnuola di ricorsi verso ogni tipo di tribunale. Sopra di tutti, invece, è sospeso il rischio, che sa tanto di spada di Damocle, del caso-pilota: il medico o l’infermiere no Vax che infetta i malati di un reparto.


I nodi da sciogliere
Nel frattempo il decreto legge, invocato e sacrosanto, langue nella palude dei tatticismi. «Anche perché non è stato scritto neanche benissimo – mormorano i legali di palazzo Raffaello – e in sede di conversione probabilmente qualcuno ci ripasserà sopra». Certo, la materia è complessa. La prima lettera da Palazzo Rossini per gli ordini professionali e le aziende sanitarie è partita quasi in tempo reale con il decreto: fateci avere gli elenchi poi valutiamo. Così dice la legge. Risposte incerte, per ora, tendenti alla dissolvenza. Al punto che la Regione Marche non ha una mappatura precisa e finale degli operatori no-Vax alle dipendenze delle sue aziende. 


Le sfumature di grigio
Una storia imbarazzante, al limite superiore del gattopardesco. Ci sono, chiaramente, anche le sfumature di grigio: chi non si è vaccinato perché in quel periodo era fuori o non lavorava ed è scivolato via fischiettando, quelli che hanno avuto il Covid e hanno una finestra per ricevere il vaccino in soluzione unica (dopo tre mesi dall’infezione ma non oltre i sei), quelli – ancora – che dopo il decreto legge hanno, come dire, aderito spontaneamente. E poi ci sono i duri e puri. La morale è che giovedì scorso in cabina di regia l’assessore Saltamartini ha suonato la campanella che nel gergo dell’atletica avvisa l’inizio dell’ultimo giro. E sembra che in queste ore una lettera formale sia stata inviata dalla manager del servizio Di Furia ai direttori delle aziende. Perché va bene il verbalino interno della cabina di regia ma, sempre nel dubbio, un pezzo di carta formale può aiutare.


I quesiti da chiarire
A chiarire qualche particolare, per esempio: ci dite quanti operatori si sono vaccinati? Di quelli a oggi non vaccinati ci dite quanti si sono comunque iscritti per sottoporsi alla fatidica prima dose? E poi: dei non vaccinati e non iscritti, potete sottoscrivere la volontà di chi non vuole la somministrazione? Tra le righe si potrebbe anche leggere un tacito appello a stanare i furbetti che tra idealismo e opportunismo una terza via senza troppi danni la rimediano sempre. La sintesi è comunque chiara: a ognuno i suoi diritti (privacy compresa) ma pure i suoi doveri. Anche perché – sarebbe il monito della lettera – c’è una catena di responsabilità connessa a questa storia che poi deve essere tracciabile. Da chi dice no al vaccino fino ai dirigenti responsabili delle strutture che devono garantire la sicurezza di chi entra nella loro struttura.


I rischi da non sottovalutare


Dopodiché chi sceglie di non vaccinarsi se lavora a contatto con i pazienti va spostato ad altri compiti, come vuole la legge. Non è un pugno di ferro ma è un fermo invito alla concretezza. Con il quale si ricorda anche che non solo l’emergenza non è finita ma che le misure previste nei protocolli vanno seguite alla lettera e fino in fondo visto che anche tra i vaccinati c’è chi si è reinfettato e quindi, per deontologia, principio di responsabilità e casistica empirica, è bene seguire le regole. Nel dubbio, ci mancherebbe altro. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico