Coronavirus, ma quale liquidità. Un'impresa su 5 delle Marche è a rischio default

Coronavirus, ma quale liquidità. Un'impresa su 5 delle Marche è a rischio default
ANCONA  - A poco più di un quinto delle aziende marchigiane serve complessivamente quasi un miliardo di liquidità: è quanto emerge da un’analisi...

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ANCONA  - A poco più di un quinto delle aziende marchigiane serve complessivamente quasi un miliardo di liquidità: è quanto emerge da un’analisi del Cerved sull’impatto del Covid-19 sulla situazione reddituale e finanziaria delle imprese italiane. In particolare, nello scenario hard disegnato dall’agenzia milanese di informazioni commerciali, a soffrire potrebbero essere 4.064 imprese (il 20,2% del totale di quelle attive nella regione Marche), che danno lavoro a 57.106 addetti, le quali nel corso di quest’anno potrebbero perdere fino al 17% del fatturato e, nonostante il rimbalzo stimato al 15,6% nel 2021, non riuscire a recuperare i livelli del 2019. 




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Il dato delle Marche è perfettamente in linea con la media del Paese: giusto per avere un’idea generale, Toscana, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto, Friuli Venezia, Liguria sono in una situazione peggiore.
 
In Emilia Romagna, ritenuta punto di riferimento positivo, si trova a rischio default il 20,5% delle aziende; Lombardia e Piemonte, regioni ancora più colpite dalla pandemia, hanno una percentuale ancora più alta di imprese a caccia di liquidità. La percentuale delle imprese in crisi sulla totalità è invece più bassa in Calabria, Basilicata, Campania, Molise, Puglia e Sicilia, dove il contagio ha avuto un impatto meno significativo. 
Il nodo
Si tratta anche di regioni caratterizzate da imprese a bassa intensità di capitale (ad esempio, quelle agricole e del terziario, ndr.), che quindi sono in grado di fronteggiare più velocemente la riduzione di ricavi. Sempre Cerved affronta il tema dei fatturati, disegnando due scenari anche per le Marche: uno soft e difficilmente realizzabile, nel quale si avrebbe una perdita del 7,6% a fine anno, pari a 3,8 miliardi, alla quale seguirebbe una crescita dell’8,7% nel 2021; in quello hard, invece, il fatturato andrebbe sotto del 17,1% pari a -7,7 miliardi, per poi assistere a un incremento del 15,6% nel 2021, con una differenza negativa nel periodo 2020-2021 pari al 4,2%, con una perdita nel biennio di circa 11 miliardi. I settori più colpiti sono quelli della moda, sistema casa, turismo, metalli e lavorazione dei metalli, elettromeccanica. Per scongiurare questo scenario, nelle Marche ci sarà, dunque, necessità di un’iniezione di liquidità immediata. Bisogna però essere consapevoli che questo accesso a misure straordinarie di liquidità comporterà un aumento importante della leva finanziaria.
L’indebitamento
Nel caso in cui le imprese dovessero far ricorso all’indebitamento, Cerved stima che il 31,2% avrebbe debiti superiori fino a due volte il patrimonio netto. Numeri che accreditano una vecchia tesi: il modello marchigiano dell’impresa di piccole dimensioni e poco capitalizzata non riesce a reggere l’impatto di una crisi così dirompente: prima della crisi sanitaria, il 21,3% delle imprese marchigiane aveva un debito finanziario due volte superiore al patrimonio netto, che arriverà al 31,2% con l’immissione di nuova liquidità. «Si dovrà fare una riflessione sul modello di business – osserva Sebastiano Di Diego, ceo di Network Advisory, società di consulenza strategica che opera nelle Marche – valutando progetti di riorganizzazione, integrazione e fusione, visto che solo le aziende più strutturate possono attendere il recupero dell’economia». L’accesso al credito oggi è una misura necessaria a garantire la continuità aziendale: si tratta di far debito per pagare fornitori e dipendenti, per sostenere i clienti.
La via d’uscita

«Serviranno capitali a fondo perduto o soluzioni come la conversione del finanziamento bancario in strumenti partecipativi – suggerisce Di Diego - una via di mezzo tra capitale e debito senza avere un impatto sul rating dell’impresa». Una sorta di grande Iri statale, concordata con l’Europa e focalizzata sulle Pmi e tanto basta a definirla irrealizzabile. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico