Coronavirus, «Messa possibile, ma in sicurezza». I vescovi delle Marche esultano per l'apertura

Coronavirus, «Messa possibile, ma in sicurezza». I vescovi delle Marche esultano per l'apertura
ANCONA - Il comunicato della Cei di domenica sera seguito alla conferenza stampa del presidente del consiglio Conte era stato piuttosto duro. Palazzo Chigi ha risposto ai vescovi...

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ANCONA - Il comunicato della Cei di domenica sera seguito alla conferenza stampa del presidente del consiglio Conte era stato piuttosto duro. Palazzo Chigi ha risposto ai vescovi italiani che «si si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza».


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Poi ieri pomeriggio la fuga in avanti della Lombardia: «Si lavora con l’arcidiocesi di Milano per far ripartire le messe aperte». E le Marche sarebbero pronte a fare la stessa cosa.
Il più prudente di tutti era stato il cardinale di San Severino, Edoardo Menichelli, uno che di solito non le manda a dire: «Per ora stiamo al comunicato della Cei che pare possa riaprire un dialogo più utile». Dietro alla somma prudenza, il dispiacere che rifletteva il botta e risposta maturato nelle ore precedenti tra Cei e Palazzo Chigi. «Niente messe per ora, ma solo funerali e per pochi» era stata in sintesi la posizione del presidente del consiglio Conte espressa domenica sera. 
 
I vescovi italiani, poco dopo, avevano risposto in maniera sdegnata. E da Palazzo Chigi, di rimando, una nota distensiva: «Si sta studiando un protocollo per far ripartire le messe in condizioni di massima sicurezza». Così ieri nelle Marche della fede si sono sentite molte campane diverse. I più fermi sono stati il pastore di Macerata, monsignor Marconi e quello di Ascoli, monsignor D’Ercole. «Non si tratta solo di celebrare la Messa, ma anche di poter svolgere quel servizio di conforto, formazione e aiuto anche materiale, che la Chiesa attua da secoli» ha spiegato la Curia maceratese in un comunicato. 
D'Ercole durissimo
D’Ercole è stato anche più tranchant. «Queste chiusure avvengono solo nei regimi totalitari come la Cina. Il governo italiano avrebbe dovuto dettare alcune linee guida e la Chiesa, al suo interno, le avrebbe applicate perché ha le capacità di farlo. Volendo entrare troppo nel dettaglio, sulla questione dei funerali il governo si è coperto di ridicolo. Non avrei spento la fiamma della fede in questa maniera. La chiesa tiene aperta la porta della speranza alla gente». Più conciliatorio monsignor Pennacchio, l’arcivescovo di Fermo: «Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle che le aspettative spesso generano delusioni. Non vogliamo però cedere allo scoraggiamento né a un insano spirito di rivendicazione o di polemica». Amarezza anche nelle parole di Angelo Spina, arcivescovo di Ancona-Osimo che tra sette giorni celebrerà la festa del patrono dorico, San Ciriaco: «Totale disappunto per la decisione del governo. Siamo pronti a celebrare anche all’aperto, se necessario».
Poi nel primo pomeriggio si è diffusa la nota della Regione Lombardia che ha riferito di un dialogo in corso con l’arcidiocesi di Milano per fare «ripartire la celebrazione delle messe in condizioni di massima sicurezza». E lei, presidente Ceriscioli che cosa farebbe adesso?
Qual è la posizione?
Segue Conte oppure va contro e prende la scia di Fontana? «Non è questione di posizioni. Il principio pilota - ripete Ceriscioli - resta quello della sicurezza. Nelle chiese c’è spazio per stare distanziati. Se i vescovi marchigiani me lo chiederanno valuterò il tema con attenzione. Sono disponibile».
La conclusione di Coccia

Conclusione al presidente della conferenza episcopale marchigiana, monsignor Piero Coccia, arcivescovo di Pesaro: «Queste parole fanno molto piacere, l’apertura è sempre un segno che prelude al dialogo e nel dialogo si costruiscono sempre buone cose. Certo c’era una fiduciosa attesa, ricominciare le celebrazioni eucaristiche per i credenti è un dato vitale, un elemento che fonda la vita del credente». Stante questa l’apertura, Coccia proporrà ai suo colleghi di scrivere a Ceriscioli? «È sul tavolo l’idea di riunirsi dopo il 4 maggio. Ci dobbiamo confrontare». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico