Non è una bocciatura, ma un brusco e inatteso stop che comporterà una dilatazione dei tempi. Il Comitato Etico Regionale ha espresso «parere sospeso» nei...
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«Lo studio è in fase di valutazione, non si tratta di una bocciatura, ma di un giudizio sospeso» puntualizza il professor Paolo Pelaia, presidente del Comitato Etico Regionale, organismo indipendente istituito nel 2017 con l’obiettivo di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere della popolazione coinvolta in sperimentazioni cliniche, il cui giudizio non solo è necessario, ma anche vincolante. «Il Comitato ha sospeso il parere per porre all’ente promotore una serie di quesiti e variazioni al protocollo. Ci sono alcuni aspetti che vanno chiariti, ma per ora possiamo dire soltanto che non si tratta di un parere negativo. Attendiamo la nuova formulazione da parte dell’ente promotore, poi ci riuniremo per la valutazione finale».
L’inattesa frenata sarebbe dovuta a questioni formali, più che sostanziali, legate anche ad aspetti assicurativi, ma le motivazioni saranno esposte nel verbale atteso per domani. È singolare, però, che il medesimo protocollo approvato dalla Regione Toscana e da altri Comitati Etici non sia stato accolto nelle Marche. La situazione di stallo potrebbe essere scongelata da un’altra iniziativa annunciata dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Aifa, intenzionati a condurre uno studio nazionale comparativo, randomizzato e controllato, per valutare l’efficacia della terapia al plasma anti-Covid.
Per quanto le procedure sarebbero più semplificate, lo studio comporterà comunque tempi più lunghi: dunque, per il momento i pazienti infettati dal Coronavirus e ricoverati negli ospedali marchigiani non possono sperare di sottoporsi a questa terapia innovativa che ha suscitato un acceso dibattito a livello nazionale e ha diviso il mondo scientifico. Eppure la plasmoterapia non è una cura segreta: è stata ideata nel 1982 dal Policlinico San Matteo di Pavia, uno degli ospedali in cui la sperimentazione anti-Covid si è dimostrata efficace, come a Mantova, a Padova e a Wuhan, epicentro cinese della pandemia. Si basa sull’aferesi produttiva, cioè una tecnica che permette di estrarre dal sangue globuli rossi e bianchi, piastrine e plasma. La cura che fa tanto discutere funziona così: dai pazienti guariti dal Covid, che abbiano sviluppato gli anticorpi in grado di sconfiggere il virus e non siano affetti da altre patologie, vengono prelevati 600 millilitri di plasma che, opportunamente testato e lavorato, viene suddiviso in due dosi per la somministrazione al paziente positivo, a distanza di 48 ore una dall’altra.
In molti casi si sono registrati miglioramenti nel giro di un paio di giorni, proprio grazie all’infusione di anticorpi. Il trattamento al plasma iperimmune, ha specificato il Ministero della Salute, «non è da considerarsi al momento consolidato perché non sono ancora disponibili evidenze scientifiche robuste sulla sua efficacia e sicurezza, ma il plasma da convalescenti è già stato utilizzato in passato per trattare diverse malattie e, in tempi recenti, con risultati incoraggianti, durante le pandemie di Sars ed Ebola». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico