Stop del comitato etico alla sperimentazione della terapia al plasma

Stop del comitato etico alla sperimentazione della terapia al plasma
Stop del comitato etico alla sperimentazione della terapia al plasma
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Domenica 10 Maggio 2020, 05:05

Non è una bocciatura, ma un brusco e inatteso stop che comporterà una dilatazione dei tempi. Il Comitato Etico Regionale ha espresso «parere sospeso» nei confronti della sperimentazione della terapia al plasma per pazienti affetti da Coronavirus. L’organismo indipendente, che si era riunito giovedì scorso, ha deciso di non concedere il via libera nelle Marche: un caso unico in Italia, visto che tutte le altre regioni coinvolte hanno approvato il protocollo messo a punto dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa, struttura capofila che ha sta conducendo la sperimentazione della terapia al plasma iperimmune in Toscana, in Campania, in Umbria, nel Lazio e, appunto, nelle Marche, oltre all’Ispettorato della Sanità Militare. Il semaforo giallo, che domani si tradurrà in verbale, ha destato stupore a Torrette e negli ospedali di Pesaro Marche Nord e Fermo, selezionati per avviare la terapia su un centinaio di pazienti individuati tra quelli in cui la viremia è in fase di sviluppo, cioè tra coloro che non hanno ancora raggiunto lo stadio più grave della malattia. Lo stop comporterà uno slittamento, che si spera non comprometta l’efficacia della terapia. 

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«Lo studio è in fase di valutazione, non si tratta di una bocciatura, ma di un giudizio sospeso» puntualizza il professor Paolo Pelaia, presidente del Comitato Etico Regionale, organismo indipendente istituito nel 2017 con l’obiettivo di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere della popolazione coinvolta in sperimentazioni cliniche, il cui giudizio non solo è necessario, ma anche vincolante. «Il Comitato ha sospeso il parere per porre all’ente promotore una serie di quesiti e variazioni al protocollo. Ci sono alcuni aspetti che vanno chiariti, ma per ora possiamo dire soltanto che non si tratta di un parere negativo. Attendiamo la nuova formulazione da parte dell’ente promotore, poi ci riuniremo per la valutazione finale».

L’inattesa frenata sarebbe dovuta a questioni formali, più che sostanziali, legate anche ad aspetti assicurativi, ma le motivazioni saranno esposte nel verbale atteso per domani. È singolare, però, che il medesimo protocollo approvato dalla Regione Toscana e da altri Comitati Etici non sia stato accolto nelle Marche. La situazione di stallo potrebbe essere scongelata da un’altra iniziativa annunciata dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Aifa, intenzionati a condurre uno studio nazionale comparativo, randomizzato e controllato, per valutare l’efficacia della terapia al plasma anti-Covid.
Per quanto le procedure sarebbero più semplificate, lo studio comporterà comunque tempi più lunghi: dunque, per il momento i pazienti infettati dal Coronavirus e ricoverati negli ospedali marchigiani non possono sperare di sottoporsi a questa terapia innovativa che ha suscitato un acceso dibattito a livello nazionale e ha diviso il mondo scientifico. Eppure la plasmoterapia non è una cura segreta: è stata ideata nel 1982 dal Policlinico San Matteo di Pavia, uno degli ospedali in cui la sperimentazione anti-Covid si è dimostrata efficace, come a Mantova, a Padova e a Wuhan, epicentro cinese della pandemia. Si basa sull’aferesi produttiva, cioè una tecnica che permette di estrarre dal sangue globuli rossi e bianchi, piastrine e plasma. La cura che fa tanto discutere funziona così: dai pazienti guariti dal Covid, che abbiano sviluppato gli anticorpi in grado di sconfiggere il virus e non siano affetti da altre patologie, vengono prelevati 600 millilitri di plasma che, opportunamente testato e lavorato, viene suddiviso in due dosi per la somministrazione al paziente positivo, a distanza di 48 ore una dall’altra. 

In molti casi si sono registrati miglioramenti nel giro di un paio di giorni, proprio grazie all’infusione di anticorpi.

Il trattamento al plasma iperimmune, ha specificato il Ministero della Salute, «non è da considerarsi al momento consolidato perché non sono ancora disponibili evidenze scientifiche robuste sulla sua efficacia e sicurezza, ma il plasma da convalescenti è già stato utilizzato in passato per trattare diverse malattie e, in tempi recenti, con risultati incoraggianti, durante le pandemie di Sars ed Ebola». 

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