ANCONA - Si chiama via del Porto, si trova a Gabicce. Un passo a Nord è si entra nel territorio comunale di Cattolica, regione Emilia Romagna. Via del Porto da ieri...
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Accade nel giro di 12 ore, una giornata fiume tra la conference call della mattina di Conte con le Regioni e la stesura del provvedimento di Palazzo Chigi. Ceriscioli interviene a mezzogiorno e chiede che si faccia in fretta. È opportuno ricordare il contesto: da una manciata di minuti è spuntato un caso positivo di Coronavirus a Cattolica. E il premier Conte alle 14.05 parla di un’ordinanza quadro che moduli, se necessario, anche provincia per provincia la scacchiera delle attività sospese tra territori focolaio e quelli non toccati dal virus. Ceriscioli si accoda e nel primo pomeriggio inizia la sua interlocuzione con i tecnici di Palazzo Chigi: «Cattolica è adiacente a Gabicce, vorrei poter isolare la provincia di Pesaro-Urbino per il principio appena citato» argomenta deciso il governatore. Picche, risponde Roma: non c’è bisogno di chiudere, potete andare avanti così.
Alle garbate insistenze segue anche qualche pugno sul tavolo. Se non è reale, di sicuro è figurato: «Scusate - insistono governatore e il segretario generale Giraldi - avete chiuso tutto in Friuli e Liguria e non lo fate per le Marche?». Parentesi: avanti veloce in prima serata: quando il caso Marche è già in piazza, gli chiedono capziosamente da Sky: ma in Liguria e Friuli ci sono casi positivi, voi siete andati troppo avanti. «No, controllate le date - alza le mani Ceriscioli - quando Friuli e Liguria hanno chiesto la chiusura delle attività non c’erano contagi». Chiusa parentesi, indietro alle 17, le cinque della sera. È l’ora più difficile, l’ora in cui Ceriscioli decide di puntare i piedi: basta, mi sono stancato - è il senso del ragionamento davanti allo staff raggelato - a Bologna ci sono scuole chiuse nonostante si trovi a 100 chilometri da Lodi, qui non mi fanno chiudere Pesaro-Urbino che sta a un passo da Cattolica, facciamo un provvedimento esteso per tutte le Marche. In America si chiamerebbe slapshot, colpo secco. Alle 18.15 viene firmato il provvedimento messo controvoglia in frigorifero lunedì mattina. E c’è molto di più sotto la firma dell’ordinanza 1 del 25 febbraio. C’è il conto presentato a Roma sui due-pesi-due-misure visti tra il ponte Morandi (deroga normativa tout court) e i decreti, contorti e affastellati uno sull’altro, per il terremoto 2016. Torniamo al Piave, a via del Porto di Gabicce.
Si aprono le cataratte. Roma individua le Marche sulla cartina geografica. Borrelli, capo della Protezione civile: «Non condivido». Il governo annuncia che l’ordinanza «è fuori linea e si sta valutando l’impugnativa». A quell’ora, sono le 20.25, Ceriscioli ha per le mani altri problemi: il primo caso di contagio nel Pesarese. A ruota arriva la telefonata del ministro per gli Affari Regionali Boccia: «Luca, volevo comunicarti che il governo impugnerà l’ordinanza». Ceriscioli-Diaz se ne sbatte del governo. «Pazienza, andiamo per la nostra strada». Da Sky gli ospiti lo osservano con la lente degli entomologi: «Si rende conto di andare in contrasto con il governo?». Il presidente allarga le braccia come chi ha appena falciato il centravanti avversario solo davanti al portiere: «Contrasto? No, è il contrario. Io mi sono messo in linea con quanto fatto dal governo per Friuli e Liguria». Ne ha da vendere, Ceriscioli. Alle 21 al telefono stringe ancora i pugni: «Ho concesso 24 ore per cercare il dialogo, adesso tiriamo dritto». Sembra sorridere, come l’eroe sul patibolo. O forse era davvero il ghigno di Armando Diaz sul Piave di via del Porto. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico