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CANTIANO - A un mese della catastrofe, i segni dell’alluvione sono ovunque sull’Appennino che corre da Cantiano a Sassoferrato. Nei fiumi le ruspe sono al lavoro per liberare l’alveo dalla vegetazione, sulle strade uomini e mezzi ridefiniscono le scarpate invase da mucchi di mobili, elettrodomestici, oggetti distrutti recuperati dalla piena. Si lavora per ripristinare la normalità, ma niente può cancellare le profonde ferite che la violenza delle acque ha lasciato a terra, sui versanti del Massiccio del Catria.
Il centro storico danneggiato
«Oggi, lavorando alacremente, è vero che non abbiamo più il fango nel paese - interviene il sindaco di Cantiano, Alessandro Piccini – ma, purtroppo, non c’è più il paese che ci ricordiamo.
L'appello per ricominciare
«Da soli - incalza il primo cittadino - non riusciremo a ricominciare». Lancia pertanto un accorato appello alle istituzioni. «È inutile pensare al ripristino di un ponte, di una strada se nel frattempo il paese non c’è più. Oggi serve ripartire e per farlo occorre la vicinanza, non solo morale ma anche materiale, delle istituzioni verso le amministrazioni e le nostre tante imprese». Una vicinanza che tutti i sindaci delle alte terre del pesarese e dell’anconetano individuano in contributi a fondo perduto, anticipi da parte della Regione da far rivalere poi sullo Stato, linee di credito agevolato, fondi di garanzia per comporre il quadro complessivo degli aiuti in attesa dei finanziamenti e dei rimborsi legati all’emergenza statale». La tenuta sociale dell’area interna e lo spopolamento è la principale preoccupazione. «Lavoriamo per ridare fiducia alle comunità nel proprio territorio e utilizzeremo i lavori di somma urgenza fin dove sarà consentito» ribadisce Maurizio Greci, il sindaco di Sassoferrato.
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Corriere Adriatico