«Banca delle Marche, la Commissione Ue non impedì il salvataggio». Bocciato il ricorso degli ex azionisti

«Banca delle Marche, la Commissione Ue non impedì il salvataggio». Bocciato il ricorso degli ex azionisti
ANCONA La Commissione Europea non ha alcuna responsabilità nel mancato salvataggio di Banca Marche. Lo sta stabilito la Corte di Giustizia Europea che ha confermato la...

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ANCONA La Commissione Europea non ha alcuna responsabilità nel mancato salvataggio di Banca Marche. Lo sta stabilito la Corte di Giustizia Europea che ha confermato la sentenza di primo grado emessa il 30 giugno 2021 dal Tribunale Ue del Lussemburgo. A ricorrere in giudizio erano stati alcuni degli ex azionisti e obbligazionisti subordinati della banca dichiarata fallita nel marzo del 2016: Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, Montani Antaldi srl, Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata

 


Le istanze

I ricorrenti chiedevano un risarcimento danni alla Commissione Europea per il mancato salvataggio dell’istituto di credito da parte del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fidt). Ma chiedevano anche di «accertare e dichiarare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione per aver la Commissione impedito, con illegittime istruzioni rese alle autorità italiane, la ricapitalizzazione di Banca delle Marche ad opera del Fitd». L’intervento del Fondo, stando a chi ha presentato il ricorso, avrebbe garantito un salvataggio meno doloroso, sia per i creditori che per gli azionisti. Quell’intervento, per cui erano iniziate delle interlocuzioni tra l’Europa e l’autorità italiane nel 2015, non è mai stato sbloccato e così, vista l’urgente necessità di ricapitalizzare l’istituto di credito, Banca Italia aveva avviato la procedura di risoluzione. Eventuali responsabilità della Commissione per il mancato intervento del Fondo non sono avvalorate né dal Tribunale dell’Unione né dalla Corte di Giustizia. 

Le motivazioni

Prima dell’adozione della decisione di risoluzione di Bdm, «non esisteva né un progetto di intervento definitivo del Fitd» ma nemmeno «una richiesta di autorizzazione di un simile progetto rivolta alla Banca d’Italia, né esisteva una notifica formale di tale progetto o un’altra ragione per cui la Commissione avviasse un procedimento di indagine formale a tal proposito» si leggeva nelle motivazioni della sentenza del Tribunale Ue. In questo modo, per la Commissione era impossibile «sapere con sufficiente precisione se l’eventuale intervento previsto dal Fitd a favore di Banca Marche potesse soddisfare i criteri di un aiuto di Stato». Banca Italia aveva inoltre «sottolineato che l’intervento del Fitd si era rivelato impraticabile e incompatibile con l’esigenza di una celere soluzione della crisi», con un deficit patrimoniale nel settembre 2015 stimato in 1,432 miliardi. In definitiva la decisione delle autorità italiane di procedere con la risoluzione non sarebbe stata influenzata in modo determinante dalla Commissione, ma sarebbe stata presa in autonomia, ed «essenzialmente fondata sulla loro constatazione dello stato di dissesto di tale banca». Per il crac, lo scorso gennaio il tribunale di Ancona ha condannato in primo grado 6 imputati, tra ex dirigenti di Banca Marche e della controllata Medioleasing.

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Corriere Adriatico